«La mia famiglia mi ha aiutato, i miei fratelli hanno lavorato per me. Soprattutto mia sorella e mio cognato. Ma ho bisogno di un risarcimento da parte dello Stato. Ho anche dei debiti. Intanto, lo Stato magari mi dia mille euro al mese». Sono le parole pronunciate da Beniamino Zuncheddu, ex pastore di Burcei, 59 anni, di cui 32 trascorsi in carcere dopo la condanna all'ergastolo con l'accusa di essere l'autore della strage di Sinnai,  che l'8 gennaio 1991 provocò tre morti e un ferito grave. Zuncheddu è oggi a Marsala (Trapani) per partecipare al convegno organizzato dalla Camera penale "Stefano Pellegrino" sul tema "I tre grandi errori giudiziari. Enzo Tortora, Giuseppe Gulotta, Beniamino Zuncheddu (storie e testimonianze delle vittime della malagiustizia)".

Succede nel giorno in cui sono state depositate le motivazioni della sentenza del processo di revisione, emessa il 26 gennaio,  che lo ha riportato alla libertà. Dicono, in sintesi, che i giudici della Corte d’Appello di Roma lo hanno assolto perché le prove che avevano portato alla sua condanna definitiva in Cassazione non hanno retto al nuovo vaglio, ma anche che restano dei dubbi sulla sua reale estraneità ai fatti. 

Il commento

«Come ho fatto a non impazzire in questi 32 anni in carcere? È difficile spiegarlo»,  dichiara Zuccheddu, «Pensavo: un giorno o l'altro devo uscire perché sono innocente. Mi hanno rubato la vita. Tutti, comunque, in carcere, mi trattavano bene. Sia i carcerati che le guardie. Erano convinti della mia innocenza».

Rinchiuso due mesi prima di compiere 27 anni, Zuncheddu ne è uscito a 59 con l'ordinanza di scarcerazione disposta dalla Corte d'appello penale di Roma il 25 novembre 2023. E durante la detenzione, non essendosi mai dichiarato colpevole di un reato che non aveva commesso, non ha potuto usufruire degli istituti premiali previsti dalla legge. È stato recluso nella casa circondariale di Badu 'e Carros, a Nuoro, nel vecchio istituto penitenziario di Cagliari e nel nuovo, quello di Uta. Di cella in cella, anno dopo anno, per essere poi dichiarato innocente. 

Le motivazioni

Il perché della decisione della Corte d’Appello del tribunale della Capitale, che lo ha liberato, è contenuto nelle motivazioni appena depositate. L’assoluzione è arrivata, ma non con formula piena: per insufficienza di prove. Zuncheddu, si legge nella sentenza, «fu condannato perché il teste oculare (Luigi Pinna, ora indagato per calunnia) dichiarò di averlo riconosciuto come l'aggressore, nonché per aver fornito un alibi falso».

Nel motivare l'assoluzione, la Corte scrive che «all'esito dell'istruttoria oggi svolta residuano delle perplessità sulla sua effettiva estraneità all'eccidio, commesso verosimilmente da più di un soggetto, uno dei quali, diversamente da quanto opinato nell'istanza di revisione, non era un cecchino provetto, non riuscendo nell'intento omicidiario nemmeno dopo aver sparato due colpi a distanza ravvicinata in un luogo talmente stretto che "non occorreva prendere la mira”». 

Pinna ha riferito di avere subito più volte minacce dopo l'avvio del procedimento di revisione. «La ritrattazione del Pinna nel corso dell'attuale istruttoria di revisione non può dirsi frutto di una resipiscenza spontanea, ma resta pur sempre il fatto che egli ha reso una deposizione quantomeno contraddittoria e confusa», è scritto nelle motivazioni della sentenza. «Il venir meno di tale prova fondamentale, pur residuando delle perplessità sulla effettiva estraneità di Beniamino Zuncheddu sulla strage, anche per "l'aiuto" ricevuto dai suddetti terzi per indurre Pinna alla ritrattazione, non consente di pervenire a una conferma della sentenza di condanna, dovendosi quindi assolvere l'imputato, non già perché si è raggiunta la piena prova della sua innocenza, bensì perché il quadro indiziario di per sé non è sufficiente per affermare la sua colpevolezza e quindi l'assoluzione deve essere formulata ai sensi del comma 2 dell'articolo 530 del codice di procedura penale».

(Unioneonline)

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