Pubblichiamo il testo integrale dell’omelia dell’Arcivescovo Roberto Carboni in occasione dei funerali, che si sono celebrati oggi a Silì, di Chiara Carta, la ragazzina uccisa a coltellate dalla mamma.

Carissimo Piero, fratelli e sorelle…
Non è facile oggi prendere la parola nel contesto di questa celebrazione segnata dal dolore e carica di domande, e che racchiude la tragedia che ha toccato non solo due famiglie ma tutta la comunità di Silì e di Oristano. Una tragedia che ha sconvolto tanti che hanno avuto modo di avvicinarsi a Chiara, che le sono stati compagni di scuola, amici nel divertimento e nella vita, compagni nel cammino di fede oppure solo conoscenti e vicini di casa.
Oggi le parole sono di troppo. Noi cerchiamo spiegazioni, motivi, cerchiamo di capire, ma di fronte a tutto questo dolore avvertiamo che le parole non bastano, anzi a volte debbono tacere.
Le uniche parole che davvero dobbiamo dire è che “siamo qui”. 
Siamo presenti per testimoniare un dolore condiviso, per stringerci al padre di Chiara e ai suoi familiari, per manifestare le nostre condoglianze a tutti coloro che hanno voluto bene a Chiara e per essere solidali con questa comunità che oggi affronta piena di sgomento questa tragedia.
Sì, la parola più eloquente che possiamo dire è quella di “esserci”, di testimoniare con la presenza la vicinanza al dolore. Ma al tempo stesso la nostra presenza deve diventare una parola di speranza, perché come cristiani noi consegniamo questa povera figlia martoriata nelle mani di Colui che ha avuto le mani trapassate dai chiodi, Gesù il Crocifisso, che sa bene come prenderci in braccio, con delicatezza e amore, con attenzione e rispetto
Ci sono cose che accadono, cose che ci accadono o che accadono alle persone che amiamo e noi non le comprendiamo. Ci sono tanti avvenimenti dolorosi che rifiutiamo; ci sono fatti in cui la ricerca di senso resta insoddisfatta e si infrange nell’unica domanda a noi possibile oggi: perché? Perché Chiara? Perché questa morte così atroce? 
Non vogliamo entrare nella coscienza delle persone e nella situazione di una famiglia che oggi ha diritto al silenzio e alla discrezione. Ogni giudizio rischierebbe di tralasciare qualcosa di quello che può accadere in quell’abisso che è il cuore umano, che quando vive la solitudine e i drammi che non trovano nessun ascolto e sostegno, diventa come la forza devastatrice di un torrente in piena. Facciamo silenzio e rispettiamo il dolore. Guardiamo con grande senso di responsabilità a quello che può accadere a chiunque, in circostanze estreme. Ci permettiamo solo di aggiungere al silenzio un invito, quello di usare misericordia. 
Misericordia per Chiara, così giovane, fragile e piena di sogni e ideali come sanno esserlo tutti gli adolescenti. Misericordia per suo papà Piero che deve affrontare l’enorme peso di un dolore grande e che ha bisogno adesso di amicizia e vicinanza. Ma permettetemi di dire anche Misericordia per una madre che ha distrutto, forse per tanta confusione del cuore e della mente, la vita che aveva dato alla sua creatura.
Questa morte ci interroga come comunità cristiana e civile, perché quando si consuma una tragedia tutti dobbiamo chiederci quale è il suo punto di inizio, cosa è mancato alla persona e alla società in cui la persona vive? Anche nei drammi che durano anni e che vedono le famiglie sole anche nelle crisi, noi dovremmo trovare il modo di far uscire i singoli dalla solitudine e accompagnarli amorevolmente. Questa tragedia è occasione per far crescere nelle nostre comunità il senso della solidarietà, il rifiuto di ogni forma di giudizio discriminante, l’organizzazione di strutture e percorsi che diano speranza a tutti
Le Autorità cercheranno le motivazioni, le dinamiche e le responsabilità.  A noi qui oggi, riuniti in questa preghiera cristiana, rimane la stessa domanda drammatica che Gesù gridò dalla Croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. L’esperienza della morte di una persona così giovane, che si apriva alla vita, non solo appare vuota di senso, ma ci sembra – lo diciamo con sgomento - anche vuota di Dio.
Eppure, come credenti siamo qui non per chiedere motivi o dare spiegazioni, ma per accompagnare nel suo ultimo viaggio, con la luce della fede in Cristo, questo nostra piccola sorella Chiara.
Nonostante il dolore siamo qui per ricordarci che la vita di Chiara non è perduta, è nelle mani di Dio. Ci diceva san Paolo nella lettera ai Romani (8,35-39 35): Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (…) Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, (…), né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.
Desidero concludere questa riflessione trasformando i sentimenti di noi tutti in preghiera:  Signore nostro, siamo qui in tanti, davanti a te e di fronte alla nostra piccola Chiara; presi da un grande dolore, pieghiamo il nostro cuore in preghiera. 
Il cuore umano solo tu lo conosci davvero, spesso è affaticato e dolorante.  Se si smarrisce può fare male,provocando una catena di sofferenza indicibile. O Dio, Signore nostro, non riusciamo a contenere una tragedia così grande.  Vogliamo essere cristiani, uomini e donne di fede e solo a te possiamo affidarci:  vieni in nostro soccorso. 
La piccola Chiara è già di fronte al tuo sguardo pieno di tenerezza e misericordia  ma dai anche a noi che rimaniamo qui, il calore del tuo amore e la speranza della tua misericordia.  
Amen   

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