«Ho cercato di trasmettere a mia figlia il senso del rispetto e l’empatia, ma non le ho insegnato a rispondere alle offese. E lei, la mia bambina di 7 anni, non è capace di difendersi dai bulli». È una mamma a parlare con L’Unione Sarda per raccontare il calvario che vive Martina (la chiameremo così, a sua tutela), presa di mira da un compagno di classe, e con un corpo che reagisce in silenzio con i capelli che cadono, a ciocche, di giorno in giorno.

Il senso di colpa della madre è grandissimo: «In cosa ho sbagliato? Avrei dovuto dirle che deve rispondere alle sopraffazioni, alle angherie? Che quando una situazione è difficile dobbiamo andarcene? Non è questo che voglio per lei. Martina deve avere il suo riscatto, deve capire che qualcuno la difende».

Tutto è cominciato qualche mese fa: Martina e Andrea (nome di fantasia) sono amici, giocano spesso insieme in una scuola della provincia di Oristano. Poi uno inizia ad avere atteggiamenti di prevaricazione sull’altra che nel tempo diventano vere e proprie vessazioni: “mi hai rubato una cosa, lo dico alla maestra”, “se non fai questo vado dalla maestra”.

Accuse che nella mente di una bimba diventano pesanti da digerire e Martina non riesce a reagire. «Ama tantissimo le sue maestre e le rispetta, quindi non se la sente di rispondere a tono quando viene sgridata anche se sa benissimo di non aver fatto nulla di quello che le rimproverano».

La famiglia si rivolge a dei professionisti, tra i quali uno psicologo, per aiutare la bambina. Le varie strategie non funzionano, anzi la situazione peggiora. Al mattino, quando è ora di uscire per andare a scuola, Martina sta sempre male. Vengono svolti accertamenti per escludere patologie ma nessuna causa al suo malessere e alla caduta di capelli viene individuata: non è alopecia, non ci sono disfunzioni, non è celiachia, diabete o altro. L’unico motivo a questo stato di cose viene individuato nello stress emotivo.

La bambina continua a studiare, con ottimi risultati, ma l’ansia non l’abbandona Quando, finite le lezioni, torna a casa sembra sollevata: «Dopo aver vissuto l’ennesima giornata emotivamente pesante ha bisogno di qualche ora per rimuginare e poi ci racconta cos’è successo. Non voglio condannare nessuno, ma sono sola contro tutti e guardo mia figlia e la sua sofferenza, guardo quei capelli che cadono – siamo già al 70 per cento -, mentre lei, sempre coraggiosa, accetta quello che accade e va avanti. Non riesce a cercare un senso di giustizia, ha un livello di empatia tale che non vuole che un altro bambino venga punito. Voglio che si parli di questo fenomeno, che non si registra solo tra adolescenti e giovani, il bullismo alberga anche in altre fasce di età. E mentre nelle scuole secondarie ci sono progetti di sensibilizzazione, in quelle primarie il nulla o quasi».   

Cambiare classe o scuola? «Non è una soluzione, non gioverà al suo malessere. Così come non serve che qualcuno dica a Martina “ti devi difendere”, vogliamo insegnare ai nostri figli che è giusto avere un atteggiamento di questo tipo? La scuola dovrebbe essere un luogo sicuro, protetto». 

«Mi chiedo ancora: se ci fosse stata più informazione, se avessi preso prima il coraggio di raccontare a tutti quello che stava succedendo, avrei potuto aiutare mia figlia? Lei dimostra tanta forza, non piange, accetta questa situazione con molto coraggio. Vede i capelli che restano sulla spazzola e dice: “Ormai stanno cadendo, non so perché, ma rimarrò senza. Vorrà dire che li taglierò come i soldati così poi ricresceranno più forti». Sono io che invece piango, e ho deciso di parlare perché non succeda mai più tutto questo a nessun altro bambino, a nessun’altra mamma, a nessun’altra famiglia. Ho fiducia nel fatto che Martina ce la farà e uscirà da questa brutta storia che comunque le lascerà un segno profondo».

In tanti, di fronte a vicende come questa, quando il finale è drammatico e le vittime delle angherie compiono gesti estremi, chiedono: “E i genitori dov’erano?”. «Eccomi, io sono qui, adesso, come sempre finora e come sempre in futuro. Ma sono sola, chi fa qualcosa di concreto per mia figlia?».

Dai colloqui con le insegnanti finora non si è arrivati ad alcun risultato, anche se domani ci sarà un nuovo incontro con i dirigenti e forse emergerà qualche proposta. 

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