Il periplo ora è definitivamente chiuso. Circondata, come se l’assedio non avesse fine. Isola a tutti gli effetti, con tanto di recinzione di pale eoliche a mare, giusto per non lasciare un solo varco sulle coste sarde da sempre paesaggio esclusivo e orizzonte incantato. Si ritorna al punto esatto dove questa storia dell’assalto eolico era iniziata, proprio in quel luogo di antico approdo sulle coste oristanesi. L’ultimo progetto sbarca nel tratto di mare tra Cabras e Bosa, con un dispiegamento di 34 pale ciclopiche da far “galleggiare” davanti al monumento di S’Archittu e alla foce del Temo. Nei mesi scorsi erano stati gli spagnoli della potente Acciona, ora a sancire l’invasione multinazionale sono i tedeschi della Baywa, sede a Monaco di Baviera, ma base logistica nel cuore finanziario di Milano.

Lo sbarco tedesco

A presentare il progetto è la Regolo Rinnovabili, 100% capitale tedesco, con un fare da padre padrone dell’eolico a mare. Il piglio tedesco, tutto e subito senza perdere tempo, è messo nero su bianco nella missiva inviata alla Capitaneria di Porto Torres alla vigilia di natale. Non solo i “crucchi” chiedono la concessione di uno specchio acqueo infinito alle porte di Tharros, a ridosso dell’arco di S’Archittu, ma si spingono sino a rivendicare «un’istanza di autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di un impianto Eolico off-shore per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile di potenza pari a 510 megawatt», quasi quanto la centrale di Portovesme o quella di Porto Torres. La Regolo Rinnovabili, una S.r.l. da diecimila euro, sede legale in Largo Augusto a Milano, dove verserebbe le eventuali tasse generate dall’impianto posizionato in Sardegna, si dichiara, attraverso la capofila Bay/Wa «un consolidato operatore economico del settore».

Dalla Baviera a Pittinurri

Non potrebbe essere altrimenti visto il modus operandi con il quale i tedeschi, senza dire niente a nessuno, con la tracotanza del facciamo quel che vogliamo, si spingono dalla Baviera sino al mare di Santa Caterina di Pittunurri per inondare anche quel tratto di mare di ciclopiche pale eoliche. Il dispositivo dell’istanza è perentorio: «Si chiede l'attivazione di tutto quanto disciplinato dal Procedimento Unico di Autorizzazione per impianti eolici off-shore e apporre il vincolo preordinato all'esproprio delle aree impegnate dalle infrastrutture di connessione dell'Impianto di produzione». Come dire, occupiamo il mare ed “esigiamo” l’esproprio delle aree a terra dove far passare cavi e centrali. L’impianto eolico del resto per i ricchi tedeschi non è questione che riguarda la Sardegna, ma semmai l’Europa, quella che ha finanziato con 209 miliardi il Pnrr italiano. Per essere più espliciti è ora di passare all’incasso della partita di giro. Il ragionamento della società di Monaco è una conseguenza: abbiamo consentito (tedeschi e paesi del nord Europa) uno stanziamento straordinario per l’Italia in cambio di un impegno del vostro paese alla transizione ecologica.

Partita di giro

Ed ora tedeschi, norvegesi, danesi ect. chiedono il lascia passare senza intoppi per incassare una valanga infinita, almeno trentennale, di incentivi che gli italiani saranno costretti a pagare a suon di bollette stellari per i prossimi tre decenni in cambio di questi grattacieli d’acciaio galleggianti nel mare sardo. In Sardegna, ovviamente, non solo non resterà niente, né soldi né energia, visto che Terna, il braccio di Stato che si occupa di trasmissione elettrica vorrebbe a tutti i costi, per adesso quasi quattro miliardi di euro, realizzare un cavo-guinzaglio, dalla Sardegna alla Sicilia, per trasportare quell’energia elettrica direttamente in Italia.

Ai sardi solo devastazione

Ai sardi resterebbero solo queste gigantesche pale eoliche. La costa da Bosa a Cabras sarà, invece, letteralmente infestata da questi pachidermi d’acciaio con un impatto devastante, visto che tutti gli algoritmi di valutazione paesaggistica e visuale per questo tipo di impianti hanno dimostrato un impatto sulla linea d’orizzonte ritenuto “rilevante”. Le 34 pale proposte dai tedeschi andrebbero a sommarsi alle 32 già progettate dagli spagnoli di Acciona su quello stesso tratto di mare, quasi in sovrapposizione, aprendo un potenziale conflitto sulle stesse aree richieste dalle due società. Gli spagnoli del colosso Acciona, che in Sardegna gestiscono il 90% dei depuratori sardi attraverso Abbanoa, avevano bussato alla Capitaneria del nord Sardegna sei mesi fa, il 27 giugno del 2022. In questa invasione eolica delle coste sarde gli spagnoli, infatti, erano stati i primi ad affacciarsi sulla costa occidentale, quella che va da Alghero a Bosa.

Spagnoli precursori

La Società “Acciona Energia Globa Italia” in quel caso si era “limitata” a chiedere la «Concessione demaniale marittima di durata trentennale, finalizzata all’installazione e all’esercizio di un impianto eolico offshore per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento del Mare di Sardegna Occidentale, nello specchio acqueo tra Capo Marargiu e Capo Mannu».

66 grattacieli in mare

In tutto una superficie di oltre 3 milioni e 261 mila metri quadri di specchi acquei. In tutti e due i casi, sia quello spagnolo che tedesco, la richiesta riguarda una concessione trentennale di spazio acqueo, per complessive 66 pale eoliche per una potenza di 990 megawatt, in pratica quanto le due centrali elettriche del nord e sud Sardegna messe assieme. Quello tedesco è per l’Isola l’ennesimo progetto presentato sulle coste sarde che va ad aggiungersi ai 17 già presentati nelle varie capitanerie dell’Isola, compresi i due da piazzare nel nord-est presentati a Civitavecchia dove verrebbero connessi nonostante l’ubicazione sia prevista davanti alla Costa Smeralda. Si tratta per la Sardegna a mare di ben 17 progetti complessivi (9 impianti a sud, 5 a nordest e 3 nella parte occidentale) per la realizzazione di impianti eolici offshore. In totale si arriverebbe all’installazione di oltre 800 aerogeneratori sulle coste sarde per una potenza complessiva di quasi 15.000 megawatt. Una potenza spropositata rispetto a quella prevista lungo l’intero perimetro delle coste italiane. Una vera e propria foresta amazzonica in mare aperto, con un quantitativo impressionante di aerogeneratori da piazzare in mezzo al mare sardo, nel cuore delle rotte consolidate, da quelle dei cetacei a quelle dei mercantili, dagli yacht alle navi passeggeri.

15 volte le pale previste

Tutti elementi che dovrebbero essere comparati con un dato su tutti: nei piani italiani delle energie rinnovabili comunicati a Bruxelles si prevede un potenziale eolico di 900 megawatt da qui al 2030. Resta non solo inspiegabile, ma persino ingiustificabile il motivo per il quale, nonostante questa previsione, sia consentito a chiunque, stranieri soprattutto, di attentare indiscriminatamente ad un bene fondamentale e non cedibile come quello del paesaggio e della linea dell’orizzonte del mare sardo. Tra Olbia, Cagliari, Porto Torres e ora Bosa e Cabras sono arrivati progetti per parchi eolici a mare superiori di quindici volte quelli previsti per tutta l’Italia. Una scellerata invasione, conseguenza di uno Stato che non solo non programma e non pianifica, ma che lascia al libero arbitrio di chiunque la gestione di una partita così delicata come l’energia e in questo la devastazione paesaggistica ed ambientale.

La lezione dell’Antimafia

Allo Stato non è nemmeno servita come lezione quanto è accaduto nel 2009, quando, su quello stesso tratto di mare, ora alla mercé di spagnoli e tedeschi, si affacciarono personaggi equivoci e non esemplari. In quegli anni, come antesignano dello sbarco dell’eolico offshore nel mare sardo, sbarcò sul proscenio di S’Archittu una società che risultò, attraverso incastri societari e risorse finanziarie, poi compromessa con i massimi vertici della mafia, facendo aprire proprio su quei fatti un’inchiesta a più ampio spettro da parte della stessa Commissione Parlamentare Antimafia. Si iniziò da allora ad indagare sugli appetiti della criminalità organizzata sul versante delle rinnovabili, senza arrivare, però, alla definizione di una regolamentazione più stringente per quel tipo di affari. Ora i progetti di mare li presentano le multinazionali, ma la devastazione non cambia. La Sardegna mette il mare e il paesaggio, gli altri fanno gli affari.

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