I medici degli ospedali San Michele e Businco dell’Anas Brotzu hanno proclamato lo stato d’agitazione. Dopo la lunga battaglia per la “perequazione” delle retribuzioni (le differenze nel salario di risultato sono tra i 7.000 e gli 8.000 euro in meno all’anno rispetto a quello dei colleghi della Asl sarde), e dopo il traguardo raggiunto con lo stanziamento dei fondi per il riequilibrio, non hanno ancora avuto le risorse in busta paga.

È passato quasi un anno dal via libera del Consiglio regionale, poi a luglio scorso lo sblocco delle risorse e addirittura la calendarizzazione dei pagamenti, ma a oggi ancora nulla è successo. Il sindacato Cimo denuncia, «a fronte di un impegno professionale continuo e a favore di un bacino d’utenza regionale, la mancanza di risposte e la scarsa attenzione nei confronti dei dirigenti medici dell’Arnas». In una nota avverte che «non è più tollerabile una differenza retributiva con le altre Aziende del Servizio sanitario regionale», e segnala «la mancata applicazione della legge regionale che avrebbe dovuto perequare i fondi contrattuali dei medici e degli altri professionisti, che dovrebbe garantire la corretta retribuzione, gli incarichi professionali e il contratto decentrato aziendale».

Temi affrontati in una infuocata e partecipata assemblea sindacale nei giorni scorsi, in cui è stato deciso di proclamare lo stato di agitazione della categoria, e di chiedere la mediazione del Prefetto per scongiurare la proclamazione di uno sciopero e iniziative di protesta più pesanti, fino alle dimissioni di massa di tutti i professionisti. «Non chiediamo privilegi ma un atto di giustizia, non è un problema tecnico è un problema politico garantire la corretta retribuzione a chi ogni giorno lavora per assicurare una qualità delle cure elevata ai cittadini di tutta l’Isola», sottolinea il sindacato Cimo.

L’attacco dei Riformatori 

«La protesta dei medici del Brotzu è più che giusta e la sostengo con forza e convinzione. Le risorse per la perequazione degli stipendi sono disponibili da tempo, ma si continua a rinviare. Servono fatti, non altri annunci». Lo dichiara il consigliere regionale Umberto Ticca, capogruppo dei Riformatori Sardi, commentando l’agitazione del personale sanitario dell’Arnas.

«Parliamo di professionisti che tengono in piedi il principale ospedale della Sardegna, in condizioni difficili e con stipendi inferiori ai colleghi delle altre aziende sanitarie. Dopo anni di promesse», prosegue l’esponente dei Riformatori, «è ora che la Regione chiuda davvero la partita e garantisca pari dignità economica a chi lavora ogni giorno per la salute dei sardi».

«Non bastano le rassicurazioni», è la conclusione, «servono tempi certi, atti concreti e rispetto per un personale che da troppo tempo attende ciò che gli spetta».

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