La Corte costituzionale boccia la legge sarda sulle aree idonee
La Consulta: la qualifica «non può tradursi in un aprioristico divieto di installazione degli impianti» eolici e fotovoltaiciVideo di Stefano Fioretti
La Corte costituzionale boccia la legge sarda sulle aree idonee. E sono due: dopo la stroncatura della moratoria che intendeva bloccare tutti gli impianti per la produzione di energia rinnovabile, la Consulta smonta anche il testo approvato dal Consiglio regionale a dicembre 2024 (legge 20) con il quale la Regione aveva provato a gestire l’invasione di eolico e fotovoltaico nell’Isola.
In sintesi, con la sentenza numero 184, depositata oggi sulla base del ricorso del Governo, la Corte «ha ribadito che la qualifica di non idoneità di un’area non può tradursi in un aprioristico divieto di installazione degli impianti, che ha l’effetto di determinare l’impossibilità di accedere ai procedimenti autorizzatori semplificati previsti dal legislatore statale per velocizzare la diffusione delle fonti rinnovabili nelle aree idonee».
Nella decisione è stato «inoltre affermato che la legge regionale non può travolgere, con il solo limite della modifica irreversibile dello stato dei luoghi, tutti gli atti autorizzativi già rilasciati, rispetto ai quali gli operatori del settore si siano già attivati, senza che tale travolgimento sia motivato da ragioni di carattere tecnico o scientifico». Questo si tradurrebbe «in un irragionevole limite al legittimo affidamento che lede il principio della certezza del diritto».
Quando poi un progetto ricade in parte nelle aree idonee e in parte nelle aree non idonee, «non può automaticamente prevalere la non idoneità, come invece stabilisce la legge sarda».
La decisione definitiva in merito alla realizzazione degli impianti «in questo caso, va assunta all’esito del singolo procedimento di autorizzazione concernente lo specifico progetto di impianto, nel quale dovranno tenersi in debita considerazione le esigenze di massima tutela del paesaggio e delle aree naturalistiche protette che giustifichino il procedimento autorizzatorio non semplificato», bilanciando la protezione della natura e la tutela dell’ambiente mediante la riduzione delle fonti di energia inquinanti, anche nell’interesse delle future generazioni.
Secondo i giudici costituzionali poi in caso di richieste dei Comuni di accelerazione dell’iter per impianti in aree considerate non idonee, con una sorta di intesa istituzionale, «la Regione non può prevedere una procedura per l’autorizzazione paesaggistica diversa da quella dettata dalla legislazione statale, perché non è consentito alle regioni introdurre deroghe agli istituti statali di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale, nel cui ambito rientra l’autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, norma di grande riforma economico-sociale che anche la Regione deve rispettare».
La legge sarda sulle aree idonee, comunque, ha trovato scarsa applicazione: congelata dal Consiglio di Stato – che aveva bocciato il decreto sulla base del quale era stata emessa – non veniva presa in considerazione durante le procedure di valutazione sulle richieste di installazione di impianti, che venivano autorizzati o bocciati senza tenere conto della perimetrazione voluta dalla Giunta Todde.