Il paesaggio? È un «obiettivo strategico» per l'Europa, un'opera d'arte naturale che può portare ricchezza e business.

Dalle colline del Soave al mosaico della piana di Rieti, dai tratturi del Molise alle sugherete della Gallura, un gruppo variegato di studiosi sta (ri)scrivendo il destino di oltre cento territori d'Italia, cinque nell'Isola (più uno in stand by).

Luoghi dove sono state conservate pratiche agricole tradizionali e l'ambiente è sacro, "resistenti" a industria, inquinamento, omologazione e, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, luoghi in cui il tempo non si è fermato.

Anzi. «Popolati, vivaci, che danno lavoro e sono pure un elemento statistico per il calcolo dell'indicatore Istat della qualità della vita».

IL REGISTRO Mauro Agnoletti, docente di pianificazione urbanistica all'Università di Firenze, è il coordinatore del grande progetto per la stesura del Catalogo nazionale dei paesaggi rurali storici. «Un'iniziativa del ministero delle Politiche agricole, in collaborazione con quattordici università italiane e diversi enti di ricerca internazionali», spiega il professore.

«Sono stati individuati 123 paesaggi distribuiti in tutte le regioni, raccolti in schede che analizzano gli aspetti storici, i prodotti tipici e le criticità che minacciano la loro integrità. Stiamo pian piano costruendo un Registro, l'obiettivo è creare un marchio, puntare sul risvolto turistico e incentivare gli agricoltori». Per ora soltanto tre paesaggi (in Veneto e Toscana) sono iscritti ufficialmente, altri quindici sono in fase di "preselezione" (tra questi i vigneti del Mandrolisai), gli altri devono predisporre le carte, hanno ricevuto l' invito a entrare nell'esclusivo club, ma devono conquistarsi la

tessera.

I CANDIDATI Gli oliveti periurbani di Monte Oro, 4500 ettari nell'agro sassarese, «vulnerabili a causa della tendenza all'espansione del capoluogo»; i paesaggi rurali dell'Asinara, 1395 ettari, insidiati dall'abbandono dell'uomo e dagli animali selvatici; i pascoli arborati di Monte Minerva, estesi per 1746 ettari tra i comuni di Villanova Monteleone, Padria e Monteleone Rocca Doria, con le pinnette e una forte attività zootecnica; le sugherete galluresi, un'area di 1463 ettari tra Aglientu e Luogosanto, dove - spiega la scheda - parte dell'integrità del paesaggio attuale è dovuta all'allevamento dei bovini da carne tenuti allo stato semi-brado; i vigneti tradizionali del Mandrolisai, 1324 ettari, dove si produce l'omonimo vino Doc. Sono i cinque paesaggi sardi scelti dagli esperti per far parte del Registro, le pratiche sono in corso.

L'UNIVERSITÀ Sandro Dettori, docente di Coltivazioni arboree del Dipartimento di economia e sistemi arborei dell'Università di Sassari, guida il team di ricercatori che partecipa, per la Sardegna, alla costruzione del Registro nazionale. «Un piano che si affianca a un altro intervento che stiamo portando avanti a livello regionale, lo studio e la mappatura dei nostri paesaggi rurali, non solo i cinque "nazionali" ma quelli dell'intera Isola», spiega. «Il progetto, con i Dipartimenti di Ingegneria dell'Università di Cagliari, e quelli di Scienze della natura e di Agraria di Sassari, è partito con una delibera della Giunta e nei giorni scorsi è stato approvato il primo step, la metodologia. È ispirato a principi come il contenimento dell'uso del suolo e la salvaguardia del territorio, e costituirà la base di partenza per programmi operativi di sviluppo e per la nuova pianificazione paesaggistica».

I VANTAGGI Aggiunge Dettori: «Il ministero dell'Agricoltura ha deciso di finanziare i paesaggi rurali inseriti nel Registro con risorse aggiuntive del Psr. Poi, sono importantissimi il percorso parallelo con l'associazione Città dell'olio e l'accordo siglato con Eataly per la promozione del "pacchetto paesaggio più prodotti enogastronomici d'eccellenza" a fini turistici».

IL CASO OLIENA «Anche noi siamo candidati per entrare nel Registro, la scheda è già stata valutata ma è in sospeso», sottolinea l'assessore all'ambiente di Oliena, Valentino Carta. «Avevamo proposto la Valle di Lanaitto e il suo oliveto, ma il professor Agnoletti ci ha suggerito di integrare la richiesta con il sistema pastorale del Supramonte, dunque di aggiungere al bene materiale quello immateriale, peraltro, insieme con il canto a tenore, già patrimonio dell'umanità dell'Unesco».

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