Dopo il golpe industriale, è l’ora della rivincita per i pastori storici del “Fiore Sardo”. Il più identitario dei pecorini dell’Isola, quello con il marchio a denominazione di origine protetta (Dop), da domani può riprendere la sua produzione. La comunicazione ministeriale è un colpo letale per gli industriali. Il Ministero dell’Agricoltura, dopo l’inchiesta sulle alterazioni nelle produzioni, con un proprio provvedimento, ha di fatto disarcionato il Consorzio degli industriali, quello che avevano costituito per far fuori i pastori storici.

Stop al golpe

Revoca sostanziale, con mancato rinnovo, delle funzioni di “tutela” della produzione del più inimitabile dei formaggi sardi. Con un colpo di mano, nel 2011, quel marchio storico, gli industriali, lo avevano scippato ai figli e nipoti eredi di quell’antica arte, mettendo fuori gioco i produttori di Gavoi e Fonni che nel 1999, dopo lunghe battaglie, avevano ottenuto il riconoscimento Dop per il loro formaggio. La conferma che quel Consorzio a trazione industriale è stato messo fuori gioco l’ha comunicato lo stesso Ministero competente con una missiva del sei novembre scorso con la quale ha affidato la gestione della “Tutela” del Fiore sardo, a quel punto “commissariata”, all’organismo esterno di controllo della Dop. A subentrare al Consorzio “industriale”, infatti, è stata indicata l’«IFCQ srl», una società friulana autorizzata ai controlli di tutela e qualità. A loro è stato dato l’incarico di far ripartire le produzioni più pregiate del Fiore Sardo attraverso la consegna dell’emblema esclusivo della Dop. Tutto questo dopo un blocco delle produzioni che andava avanti da circa tre mesi, provocando un danno senza precedenti al sistema lattiero-caseario dell’Isola, da sempre legato alla produzione più identitaria. Il commissariamento del Consorzio “industriale” del Fiore Sardo, e la mancata comunicazione del provvedimento, aveva avuto, infatti, l’effetto “beffa” visto che proprio i produttori storici si erano visti negare i “bollini” per marchiare la Dop, facendo venir meno, per tre mesi, la produzione dell’esclusivo formaggio. Una situazione che aveva messo a repentaglio l’avvio della stagione, costringendo le aziende della Barbagia, e non solo, a conferire il latte proprio ai caseifici industriali. Oltre al danno del blocco della produzione dello storico formaggio, i pastori delle zone interne hanno dovuto subire anche la beffa di dover cedere l’«oro bianco» proprio a quel comparto industriale antitetico alla loro attività di trasformazione proprio per via dello stringente “disciplinare” che rende obbligatoria la produzione del Fiore Sardo con il latte «a crudo».

Crudo inviolabile

Era stato questo elemento imprescindibile per le regole casearie a far scoppiare lo scandalo della produzione industriale del celebre pecorino. Gli inquirenti, che poi hanno fatto sequestrare una montagna di Fiore Sardo alterato rispetto alle disposizioni produttive, avevano accertato che il latte utilizzato, al contrario di quanto prevede il prontuario produttivo, era stato “termizzato”, una pratica necessaria per il trasporto del latte verso gli stabilimenti industriali, ma severamente vietata dalle norme per la produzione della Dop. Nel momento in cui quel formaggio “alterato” è stato sottratto al quantitativo sottoposto al controllo di qualità ha fatto cessare automaticamente la stessa legittimazione del Consorzio degli industriali. Da domani la produzione del Fiore Sardo potrà ripartire: dalle 14 alle 18 di mercoledì, infatti, la società delegata dal Ministero consegnerà i “dischi di caseina”, il marchio Dop. Per i pastori storici del Fiore Sardo è rinascita e riscatto, ma anche un nuovo inizio.

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