Un bravo ragazzo, una vita bruciata quando è entrato nel tunnel della droga. Ma meritava un’altra chance.

Così viene ricordato Gianpaolo Demartis, morto a Olbia dopo che i carabinieri lo hanno immobilizzato con il taser.

Il ricordo, pubblicato su Facebook con una foto del 57enne da una persona che lo conosceva bene, è stato condiviso sui social dalla garante regionale dei detenuti Irene Testa, che ha definito i taser «strumenti di tortura».

Gianpaolo Demartis «era un bravo ragazzo», ricorda l’amico. «Andò da Bultei a Sassari per studiare giurisprudenza. Era perbene, brillante, intelligente. Si occupava di ristorazione, organizzatore di eventi. Era benvoluto e amico di tutti».

Poi, a un certo punto, «la città lo perse». «Entrò nel tunnel della droga e della promessa che era stato poco restò. Ma era un bravo ragazzo», ribadisce, «anche se la sua testa ogni tanto faceva i capricci».

«Il taser – continua l’uomo - è strumento utile ma che va usato dopo una conoscenza approfondita dei suoi effetti: nel soggetto sano il rischio grave è basso, ma in persone con fragilità cardiaca o predisposizione, l’utilizzo del taser può comportare un rischio reale di aritmia e infarto».

E il fisico di Gianpaolo era stato «indebolito in modo irreversibile da una vita sprecata». «Ma meritava certamente un altra chance».

(Unioneonline/L)

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