Donne ritratte sui manifesti con addosso un bikini o magari nemmeno quello, per pubblicizzare prodotti che - almeno all'apparenza - sembrano avere poco a che fare con gli indumenti intimi o i costumi da bagno.

Contro l'immagine di un corpo femminile stereotipato, magro e ammiccante, "fatto per l'uomo" e mercificato, alzano la voce le studentesse universitarie di alcune città italiane, compresa Cagliari, che seppure anagraficamente lontane dalle femministe sessantottine, sono tornate a porre in piano il tema della strumentalizzazione delle donne a fini pubblicitari. E a lottare contro di essa.

L'ultimo caso è di pochi giorni fa, a Palermo, dove le allieve hanno dato vita all'Assemblea contro la violenza maschile sulle donne, nato sull'onda dell'indignazione dopo l'affissione nel centro della città siciliana di un manifesto pubblicitario dell'azienda Challois, che produce oli e lubrificanti.

Sul cartellone le studentesse hanno apposto la scritta: "Questa è violenza sulle donne!", che è andata a cancellare le forme provocanti della testimonial.

Sul caso era poi intervenuto lo stesso comune di Palermo, attraverso il suo Osservatorio sulla Pubblicità, che aveva disposto la copertura dei manifesti perché utilizzano "il corpo femminile per attirare l'attenzione dei consumatori", contraddicendo quanto disposto nel regolamento sulle pubbliche affissioni.

L'episodio arrivava a soli pochi giorni di distanza dal caso di Cagliari, che riguardava non il mondo patinato della pubblicità ma quello più quotidiano dei servizi igienici dell'ateneo cittadino, nel polo di Is Mirrionis, dove hanno sede le facoltà di Lettere e Filosofia e di Scienze della Formazione.

Sulle pareti dei bagni, fuori dalla biblioteca e sui muri della struttura sono comparse scritte maschiliste e insulti alle donne, che sono stati modificati da alcune studentesse con un’operazione di rewriting , ovvero di riscrittura, spesso in chiave ironica.

E così "Power man" è diventato "Povero man" in un'operazione che ha avuto il placet anche della rete femminista "Non una di meno Cagliari", che ha sostenuto l'azione delle giovani con un comunicato: "I messaggi comparsi sui muri dell’Ateneo sono solo la punta dell’iceberg di pratiche e atteggiamenti sessisti che le ragazze e le donne si trovano a subire e combattere in diversi contesti e situazioni all’interno dell’università".

Perché il gesto di queste ragazze - che a qualcuno è sembrato un intervento per deturpare ulteriormente l'ateneo sardo - ha avuto bisogno di essere spiegato e condiviso: "Abbiamo deciso di non nasconderci perché un certo tipo di contenuti non dovrebbero apparire in nessun luogo, tantomeno in un posto che dovrebbe essere di cultura e sapere", ha fatto sapere su Facebook Giada Cilloco, tra le organizzatrici dell'azione.

La foto pubblicata su Facebook da UNICA 2.0 Polo Umanistico
La foto pubblicata su Facebook da UNICA 2.0 Polo Umanistico
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(Unioneonline/F)
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