Riforma della giustizia: la presunzione di innocenza diventa presunzione di colpevolezza?
Col blocco del decorso del termine di prescrizione si arriverà al paradosso di ottenere, laddove ci fossero, condanne assai lontane nel tempo e per questo inefficaci"Rivoluzionare la giustizia" entro il prossimo 31 dicembre. Questo sembra essere il nuovo slogan partorito all'esito del vertice a tre dello scorso 27 settembre tenutosi a Palazzo Chigi.
Bonafede, Ministro della Giustizia in continuità col precedente governo giallo-verde, promuove una riforma che altro effetto non avrà se non compromettere ulteriormente un settore già gravemente logorato dai molteplici interventi legislativi degli ultimi anni.
Il principio del "giusto processo" avrebbe dovuto garantire, sul piano penalistico, il massimo rispetto delle garanzie difensive dell’imputato e l'emissione di una decisione affidata ad un giudice terzo ed imparziale rispetto alle parti all'esito di un contraddittorio esplicatosi all'insegna del rispetto della "parità delle armi" tra accusa e difesa entro limiti temporali circoscritti.
Sembrava cosa fatta, e tutti i problemi della giustizia risolti. Eppure, qualche anno dopo, si rese necessario intervenire nuovamente tirando fuori dal cilindro la riforma sul cosiddetto processo breve che si poneva l'obiettivo di intervenire, ancora una volta, sulla eccessiva durata dei processi siccome, si diceva, le condizioni degli uffici giudiziari e dell'intero sistema, unitamente alla mancanza di una riforma organica della normativa sostanziale e processuale, impedivano di assicurare, in tempi ragionevoli, la conclusione dei processi sia in sede civile che in sede penale.
Ma neppure stavolta la riforma si era rivelata risolutiva, tanto che, successivamente, il governo Renzi si sentì in dovere di intervenire sul tema introducendo, a sua volta, il cosiddetto processo civile telematico che, a suo sindacabile dire, avrebbe dovuto abbreviare i tempi della giustizia civile, ma senza evidentemente considerare che l'utilizzo di un server nulla aveva, ed ha, a che vedere con i termini processuali disciplinati dal codice di rito i quali continuavano, e continuano tutt'oggi, ad essere sempre gli stessi vanificando così gli intenti di quell'incauto, quanto ignorante, legislatore.
Con la L. 9/1/19 n. 3, nota pure come "legge spazza corrotti", Bonafede ha invece pensato di dire la sua modificando, tra l'altro, la disciplina della prescrizione del reato che dovrebbe entrare in vigore il prossimo 1 gennaio.
Si prevede il blocco del decorso del termine della prescrizione medesima dopo l'emissione del decreto penale di condanna e/o dopo la pronuncia della sentenza di primo grado sino all'esecutività del provvedimento di chiusura del processo o irrevocabilità del ridetto decreto.
Interventi approssimativi, pensati solo per soddisfare la "pancia" di taluna parte di elettorato, di cui non abbiamo alcun bisogno.
Con questo tipo di intervento si dimostra solo di non sapere che la prescrizione, lungi dall'essere il problema, è invece la soluzione a quello stesso problema da individuarsi, invece, nel meccanismo processuale in se e per se considerato.
Intanto, perché, notoriamente, fino ad oggi, l'istituto della prescrizione si è sempre posto come il giusto contrappeso all’incapacità cronica del sistema di rispettare la ragionevole durata del processo a tutto vantaggio del cittadino e del suo diritto ad ottenere una decisione in tempi rapidi. Quindi, perché, di conseguenza, il decorrere del termine di prescrizione ha risposto, fino ad ora, ad una specifica esigenza di economia processuale siccome ha imposto comunque agli uffici giudiziari la quanto più celere calendarizzazione dei processi impedendo così non solo l'inutile spreco di risorse umane ed economiche, ma anche la marginalizzazione di tutte quelle difficoltà probatorie direttamente connesse al decorso del tempo.
Infine, perché la concreta operatività dell'istituto in parola, come da più parti osservato, elimina in radice la necessità di perseguire la finalità rieducativa della pena, garantendo così, come dichiarato dalla Corte Costituzionale, "il diritto all'oblio dei cittadini quando il reato non sia così grave da escludere tale tutela". Ma se così è, come fa il Ministro ad insistere nel voler modificare in senso giustizialista e populista un istituto di matrice liberale così decisivo?
Col blocco del decorso del termine di prescrizione si arriverà al paradosso di ottenere, laddove ci fossero, condanne assai lontane nel tempo che, seppure in qualche modo esemplari, finiranno per rivelarsi completamente inefficaci sul piano rieducativo e poco satisfattive per le stesse persone offese logorate dall'impegno economico necessario per la difesa in giudizio e dalle lungaggini del sistema.
E poi, sempre Bonafede, ha preso in considerazione l'idea che anche un innocente può finire sotto processo per mero errore e restare schiacciato ingiustamente da questa riforma inaccettabile che lo obbligherebbe a stare sotto lo schiaffo della macchina giudiziaria fino alla definizione dei processi in Appello ed in Cassazione?
Giuseppina Di Salvatore
(Avvocato - Nuoro)