Nubi nere sulla stagione di pesca dei ricci di mare ormai alle porte. Così cupe da non aver ancora permesso alla Regione, a pochi giorni dal tradizionale avvio della raccolta, di firmare il decreto che autorizza i 186 subacquei professionali a immergersi per riportare in superficie i ricci.

LA PROTESTA - Sul piede di guerra, in queste ore, sono scesi gli operatori cagliaritani che minacciano, se non verrà fatta immediata chiarezza sulle aree di raccolta consentite, di bloccare l'attività ma anche di mettere in atto clamorose azioni di protesta come lo stop all'ingresso in porto delle navi da crociera. "Vogliamo andare a pescare anche nei compartimenti limitrofi a quello in cui siamo iscritti, vale a dire nell'Oristanese e nelle acque di Olbia, ma una legge troppo esposta alla libera interpretazione sta condizionando il nostro lavoro", spiega Gesuino Banchero, presidente dell'Associazione pescatori subacquei Sardegna.

IL VERTICE - Le certezze potrebbero arrivare giovedì mattina da Roma, quando una delegazione delle organizzazioni sarde della pesca professionale guidata da Renato Murgia del Flag-Gruppo azione costiera e Giovanni Loi dell'Agci, incontrerà il direttore generale della pesca marittima del ministero delle Politiche agricole, Riccardo Rigillo. "Il quadro normativo è chiaro: ministero e Capitaneria hanno l'esclusiva competenza per il rilascio dei nulla osta per autorizzare la pesca in più compartimenti". Anche in quelli limitrofi all'area di iscrizione di pescatori e imbarcazioni. Le acque territoriali sarde invocate dalla Regione, insomma, di fatto subiscono un'ulteriore settorializzazione che non accontenta i sub.

L'INTERPRETAZIONE - Sin qui le regole scritte. Anche se poi a vincere sono, come spesso accade, le eccezioni. Così da anni, tra raccoglitori cagliaritani e oristanesi è in atto una vera e propria guerra di campanile. "Una guerra tra poveri che deve finire", ribadiscono le associazioni di categoria.

"Lo scontro è dovuto alla libera interpretazione della legge", avverte Stefano Melis, presidente dell'Op-Organizzazione dei produttori. "Sarebbe sin troppo facile per noi andare a pescare nell'Oristanese senza rischiare multe e sequestri. Basterebbe iscrivere le barche a quel comparto, ma non è questa la soluzione. Ministero e Regione devono fare la loro parte proprio per evitare facili interpretazioni delle norme".

LA SPERANZA - Insomma, le speranze sono legate all'incontro in programma nella Capitale. "Siamo disposti a fare un passo indietro ma solo se verrà fatta, questa volta, estrema chiarezza. In caso contrario la stagione non partirà". Uno stop che avrebbe riflessi pesantissimi non solo per i pescatori ma anche nell'indotto. Si pensi solo a chi commercia il prodotto o vende la preziosissima polpa.

LE SCELTE - I pescatori ricordano gli impegni assunti l'anno scorso quando si affrontò il tema scottante del depauperamento della risorsa. I ricci stanno diminuendo nell'Isola. "Per questo abbiamo rinunciato a immergerci i lunedì", spiegano Melis e Banchero. "Abbiamo anche proposto di ridurre l'orario, smettendo di pescare alle 13 e non alle 15. Ora veniamo a sapere che nell'area marina protetta di Cabras-isola di Mal di Ventre non ci sono più ricci. Qualcuno ce lo deve spiegare, non credo che sia colpa dei pescasportivi e dei turisti, come è stato detto". "Di certo la responsabilità non è di noi sub cagliaritani che siamo stati esclusi dal parco. Altri, evidentemente, ci hanno pescato", tagliano corto i due pescatori.

L'INDAGINE - Intanto il Cnr ha presentato a Cabras il lavoro commissionato dall'Area marina protetta per verificare lo stato di salute della risorsa. La sentenza è stata impietosa: "rischio estinzione".

Come era stato ribadito più volte, il Dipartimento di Scienze della vita e dell'Ambiente dell'Università di Cagliari ha predisposto, col Consorzio ittico Santa Gilla, un progetto di allevamento destinato a produrre 100mila ricci l'anno per ripopolare i fondali sempre più poveri.

Andrea Piras

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