Da un lato la famiglia: i figli Nicola e Mauro, con le sue nipoti Virginia, Ilaria, Sofia, Gaia e Cecilia.  Sull’altro gli ex compagni dello storico scudetto del 1970.  Al centro il feretro di Gigi Riva, il campione che se n’è andato. A ricoprirlo, adesso, c’è una maglia rossoblù. Fuori, in fila, migliaia di sardi che vogliono omaggiare il loro mito, morto all’età di 79 anni, tradito da un cuore che faceva le bizze e nessuno lo sapeva.

Il suo popolo, quello che aveva scelto è arrivato in massa, silenziosa e deferente, nella camera ardente allestita per Rombo di Tuono nell’atrio della tribuna della Unipol Domus. Accanto a dove sorgerà lo stadio che porterà il suo nome: il Gigi Riva. 

L’attesa è lunga, al momento c’è da aspettare anche un’ora. Forse di più.  La si affronta. Poi si entra. E all’interno, al cospetto delle spoglie mortali della leggenda del calcio italiano, c’è l’obbligo di riservatezza, la stessa che ha contraddistinto Riva in vita: qualcuno prova a estrarre lo smartphone, per scattare una foto al leadwall con foto e sciarpe. Viene fulminato dagli addetti alla sicurezza e indotto a riporre l’apparecchio in tasca. 

C’è la folla, a Sant’Elia. Nel primo giorno di lutto per Cagliari e la Sardegna. Domani si attende l’ondata oceanica, alla basilica di Bonaria: i funerali di Gigi Riva sono fissati per le 16. 

Luca Neri – Enrico Fresu 

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