Nei giorni scorsi i quotidiani locali hanno ancora una volta riportato alla ribalta della cronaca le difficoltà, a tutt’oggi non superate, relative al nostro legittimo diritto a godere della mobilità da e per l’Italia continentale nella totale assenza di ostacoli di ordine economico e materiale che discendono dal fatto stesso di essere isola, quasi nazione nella nazione.

Ad essere in bilico sembrerebbero ora i trasporti marittimi. La continuità marittima, infatti, potrebbe non essere aggiornata per tempo con tutti i disagi che la circostanza evidentemente comporterebbe. E, se da una parte, l’ex governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, individua, quale responsabile della condizione di sofferenza sarda lo Stato Centrale affermando l’esigenza di ottenere il passaggio delle funzioni decisionali sulla continuità e sulle risorse relative dallo Stato alla Regione, dall’altra, il Segretario Generale della Uiltrasporti Sardegna, William Zonca, lamenta la totale assenza della politica regionale, rimasta per così dire, inerte, quantomeno in apparenza, rispetto ad una problematica così determinante. Insomma, passano gli anni, ma gira e rigira, le stesse seccature di sempre si ripresentano periodicamente con intensità crescente. E, gira e rigira, ci ritroviamo puntualmente a porci le stesse identiche domande.

Aerei in pista (archivio L'Unione Sarda)
Aerei in pista (archivio L'Unione Sarda)
Aerei in pista (archivio L'Unione Sarda)

Ma possiamo continuare a vivere in questa situazione di incertezza? E’ possibile che noi sardi, italiani a tutti gli effetti sebbene distanti dalla penisola, dobbiamo, nonostante la nostra indiscussa italianità ed altrettanto indiscusso diritto alla parità di trattamento, continuamente pagare lo scotto di una collocazione geografica mortificante? La risposta è certamente negativa ed anzi dobbiamo rifuggire con decisione, e contrastare con forza, qualsiasi atteggiamento di indifferenza da parte del governo centrale che sembra sempre pronto a sottrarsi rispetto alle “questioni sarde” sebbene rivendicate costantemente dai nostri rappresentanti. Intanto, perché, piaccia o meno all’attuale maggioranza di Palazzo Chigi, siamo Regione Insulare, e addirittura, per voler essere più precisi, Regione Ultra Periferica tanto rispetto al resto del continente, quanto rispetto all’UE, sebbene siffatto principio non abbia trovato nei fatti una applicazione consapevole nè sul piano regionale, nè su quello nazionale, nè su quello europeo nonostante il riconoscimento ottenuto sul punto dall’eurodeputato Salvatore Cicu nel febbraio 2016 nel corso del suo mandato.

Quindi, perché la soluzione al problema deve necessariamente passare attraverso il riconoscimento formale del rapporto esistente fra l’esercizio della “continuità territoriale” ed il “principio di insularità”, siccome, alla prova dei fatti, sarebbe illusorio pensare di riuscire a risolvere il problema dei trasporti da e per il continente prescindendo da quel richiamato principio sul quale il diritto di mobilità dei sardi nasce e si consuma: la soluzione al problema trasporti non può pretendere di essere conseguita se non attraverso il concomitante riconoscimento formale e sostanziale, in qualsiasi modo lo si voglia raggiungere, anche attraverso una legge nazionale ad hoc come proposto solo pochi mesi fa dall’ancora eurodeputato sardo Salvatore Cicu, del principio di insularità nella sua effettiva consistenza. Poi, perché, solo se riconosciuta anche a livello statale la nostra condizione insulare, la politica nazionale, da sempre distratta rispetto agli obblighi derivanti dall’articolo 175 del Trattato sul funzionamento dell’Unione in materia di coesione territoriale, sentirà necessariamente come propria l’esigenza del raggiungimento di siffatto obiettivo sentendosi stimolata, di conseguenza, a sollecitare finalmente l’intervento del Consiglio Europeo, quale organismo chiamato alla definizione delle priorità e degli indirizzi politici di carattere generale dell’Unione nonché dei processi di integrazione, e che fino ad oggi non è stato purtroppo ancora chiamato in causa. Inoltre, perché, anche a non voler considerare il diritto alla mobilità dei sardi, ma l’ipotesi è solo argomentativa, la “continuità marittima” è più di ogni altra innegabilmente legata alla nostra realtà economica, ed il suo venir meno sarebbe oltremodo devastante per le produzioni locali.

Aereo in volo (archivio L'Unione Sarda)
Aereo in volo (archivio L'Unione Sarda)
Aereo in volo (archivio L'Unione Sarda)

Infine, perché laddove il governo volesse ancora continuare a fare orecchie da mercante su una questione così rilevante, ci sarebbe veramente il tanto di domandarsi se lo stesso sia ancora risoluto e convinto nel voler considerare la Sardegna come parte integrante del suo territorio visto che sembra ricordarsi della nostra esistenza solo in occasione di appuntamenti elettorali, allorquando puntualmente iniziano le favolose passerelle dei vari leader politici di turno che in campagna elettorale tutto promettono e alla fine, ottenuta la poltrona, nulla mantengono. Se tale è, come di fatto è, lo stato delle cose, lo si deve forse anche alla circostanza che fino ad oggi, nonostante l’innegabile impegno pure profuso dal Governatore Solinas ai tempi del suo mandato in qualità di Assessore ai Trasporti, allorquando con fiducia aveva istituito la Flotta Sarda, nata con le migliori intenzioni sebbene poi naufragata a causa della bocciatura europea per aiuti di Stato, la nostra regione, complice la sordità della politica nazionale, non si è mostrata, probabilmente, sufficientemente pungente nel rivendicare, anche a livello europeo, l’applicazione del principio di coesione territoriale che invece avrebbe dovuto caratterizzare naturalmente, ed informare, la politica nazionale dei trasporti. Oggi, non ci resta che sperare che la proposta di legge a firma Cappellacci, descritta in premessa e depositata un anno fa, venga finalmente discussa e approvata da questo governo giallo rosso. Italiani si, isolani altrettanto, ma isolati no.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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