«Aprire l’ambulatorio non vale come tirocinio»: i medici di base sardi beffati
Marco Meloni ha mille pazienti in carico ma non può entrare in servizio: «Nonostante la legge dicono che non ho ore sufficienti...». Interrogazione in consiglio regionale«Ho iniziato il corso nel 2021, e fatto anche frequenze di tirocinio pratico, poi è uscito il bando che ci chiedeva se volevamo prendere la titolarità nel territorio, per cercare di sopperire alla grave carenza di medici di base, e io e altri colleghi abbiamo accettato. Ci sembrava giusto farlo. C’è una legge nazionale, nata col Covid e poi prorogata, che stabilisce che tutte le ore di lavoro sono equipollenti al tirocinio. Era una condizione essenziale per accettare, ovviamente, io ho speso soldi per avviare uno studio a Quartu, e oggi ho in carico mille pazienti. Quando mancavano cinque mesi al termine del corso, a febbraio scorso, è stato specificato dall’assessorato il percorso per conseguire il diploma, hanno cambiato le carte in tavola, e in sostanza mi è stato detto che avrei dovuto fare quattro mesi di tirocinio presso lo studio di un collega che fa esattamente quello che finora ho fatto anch’io. Per me quattro mesi, ma per altri anche otto. Una follia».
È la testimonianza di Marco Meloni, che insieme a diverse decine di suoi colleghi, si è visto negare la possibilità di prendere il diploma finale in medicina generale, nei giorni scorsi, perché non avrebbe le ore di tirocinio sufficienti, nonostante abbia accettato di aprire un ambulatorio in una sede vacante, impegno e sacrificio che sarebbero dovuti valere come tirocinio a tutti gli effetti, ma che invece non sono stati riconosciuti dall’assessorato regionale alla Sanità.
Sulla vicenda c’è un’interrogazione urgente del consigliere regionale dei Riformatori Umberto Ticca (insieme con i colleghi Giuseppe Fasolino e Aldo Salaris) che si è fatto portavoce della rabbia di questi dottori, “beffati” a causa di «una decisione incomprensibile», e per di più quando nell’Isola ci sono 450mila persone senza assistenza di base.
Ticca chiede spiegazioni alla presidente della Regione e all’assessore alla Sanità. «Agli stessi specializzandi che furono chiamati, sia durante il Covid che dopo, a tappare i buchi del sistema sanitario con la promessa di potersi specializzare e lavorare contestualmente, oggi viene chiesto di lasciare i loro studi e i loro pazienti per dedicarsi al tirocinio professionale (dopo che hanno lavorato da soli per 2 anni). La rigidità burocratica dell’assessorato non solo rallenta il percorso formativo di medici fondamentali per il futuro della sanità, ma si pone in netta contraddizione con gli stessi obiettivi dichiarati dalla Regione»