Girare per le librerie significa spesso essere letteralmente travolti e perdersi tra copertine, titoli, volti di autori. Difficile, però, non essere incuriositi da un libro che si intitola “L’incredibile storia della neve e della sua scomparsa” (Aboca, 2022, pp. 200). E l’autore, Alberto Grandi, ci propone realmente un’epopea sorprendente per noi abituati al freddo dei nostri frigoriferi e al ghiaccio dei nostri congelatori.

Per millenni, infatti, la neve, il ghiaccio, insomma tutto ciò che permetteva di “raffreddare” sono stati veri e propri tesori. In tutte le grandi civiltà della storia - dagli Assiri agli Egizi, dalla Roma di Nerone alla Cina Imperiale, dalle raffinate corti dell’Italia rinascimentale alla Versailles del Re Sole - avere la possibilità di usufruire del freddo è stato un lusso e un privilegio per pochi. Da qui scaturiva la necessità di un’attività di produzione, raccolta e commercio immane e costellata di sfide logistiche che presentavano problemi tecnici non indifferenti e che vennero del tutto superati solo nella seconda metà del XIX secolo, con l’invenzione della macchina per produrre artificialmente il ghiaccio.

Chi controllava la catena del freddo si assicurava, quindi, una posizione sociale privilegiata e anche grandi ricchezze. Un esempio tra i tanti lo troviamo anche in Sardegna. Nella cittadina di Aritzo, nel nuorese, la raccolta e la commercializzazione del ghiaccio ha rappresentato per secoli una importante fonte di reddito per le famiglie che la gestivano, in regime di monopolio regionale. Gli addetti a tali attività, detti niargios, riempivano le neviere pigiando con cura la neve, sino alla fine di marzo, ricoprendo poi le stesse con felci e frasche. Questo ghiaccio veniva poi recuperato, da maggio in poi e per tutta l’estate, trasportato a dorso di cavallo, asino e mulo durante le ore notturne. Le carovane partivano nel tardo pomeriggio, approvvigionando residenze dei signorotti, ospedali e locande di gran parte della Sardegna.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Vicende come questa sono presenti in gran numero nel saggio di Alberto Grandi a cui chiediamo di riassumerci perché il ghiaccio e la neve erano così ricercati fino a non moltissimi decenni fa:

“Il freddo è stato per lungo tempo l’unico presidio medico davvero efficace nel controllo della temperatura corporea. Fin dall’antichità è stato anche uno dei mezzi più semplici per conservare gli alimenti deperibili, anche se si trattava di un sistema costoso perché non sempre e non dappertutto era semplice trovare neve e ghiaccio. Si preferiva, quindi, conservare ricorrendo alla salatura e alla affumicatura e all’essiccazione”.

Neve e ghiaccio all’epoca erano sinonimo di lusso, vero?

“Il ghiaccio e la neve servivano anche per rinfrescare pietanze e bevande. E questo poteva permetterselo solo chi era molto ricco, data la difficoltà di reperire e conservare le “materie prime” per il raffreddamento. Il ghiaccio era un vero e proprio status symbol, come lo erano le spezie nel Medioevo. Un ulteriore elemento di cui tenere conto è che neve e ghiaccio venivano utilizzati anche per preparare specialità gastronomiche particolarmente ricercate come sorbetti, granite e poi i gelati”.

Ad un certo punto il ghiaccio e la neve diventano parte di un’industria fiorente…

“Accade soprattutto a partire dall’Ottocento quando vennero messe a punto le prime tecnologie per produrre e conservare il ghiaccio in maniera artificiale. Nacque una fiorente industria del freddo, che rispondeva alle crescenti esigenze del settore alimentare e ospedaliero. L’industrializzazione e le innovazioni tecnologiche avevano permesso di superare finalmente il grande problema legato al mercato del ghiaccio: la sua instabilità. Si doveva, infatti, sottostare alle bizze del clima e non era semplice trasportare il ghiaccio sulle lunghe distanze oppure conservarlo a lungo”.

Ma tutto questo freddo che produciamo industrialmente, anche con i nostri frigoriferi di casa, che impatto ha sull’ambiente?

“L’impatto c’è, è innegabile. L’industria del freddo è energivora e il paradosso è che per avere così tanto freddo artificiale stiamo rischiando di perdere il freddo naturale, come dimostra la quasi scomparsa della neve a determinate altitudini e lo scioglimento dei ghiacciai. La speranza è che l’industria del freddo intervenga per rendere meno forte il suo impatto sull’ambiente. In passato c’è già riuscita eliminando, a partire dagli anni Ottanta del Novecento, i cloro-fluoro-carburi (CFC), i composti largamente utilizzati come gas refrigeranti dei frigoriferi e tra i principali responsabili del buco dell’ozono”

Ma oggi il freddo è ancora un’industria e il ghiaccio è uno status symbol?

“Può essere sorprendente, ma è così. La neve deve essere prodotta artificialmente se vogliamo sciare. È quindi oramai un prodotto ludico. Il mercato del ghiaccio è poi in espansione dopo decenni in cui si era arrestato dato che tutti se lo producevano a casa. Ora è tornato a essere sinonimo di ostentato benessere ed elemento di ricercatezza. Presentare un piatto immerso nel ghiaccio è considerato chic e oramai lo si trova di nuovo al supermercato come non si usava più da anni. Esistono alberghi interamente fatti di ghiaccio e concorsi per sculture realizzate nello stesso materiale. Addirittura, in Giappone si è arrivati a proporre non solo il ghiaccio a cubetti, ma anche in sfere realizzate a mano da artigiani molto qualificati…insomma sfere di ghiaccio, immagino, dai costi esorbitanti”.

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