Le "Giardiniere" garibaldine. L'impresa dei Mille aiutata dalle sarde
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I venti della "Primavera d'Italia" che portarono alle lotte risorgimentali e che coinvolsero ogni regione della Penisola soffiarono forti anche in Sardegna. Le donne isolane furono contagiate dal desiderio di fare l'Italia e contribuire al diffondersi di ideali quali l'emancipazione femminile e i diritti civili, il valore del motto "Onore e virtù" che impregnava i salotti delle "Giardiniere d'Italia". Ad accreditare tale idea, una fonte storica conservata nella Biblioteca civica di Verona, su uno scambio epistolare tra Antonina Musio e Felicita Bevilacqua.
Antonina nacque a Bitti nel 1820 dalla nobile famiglia dei Musio di Orune sposata a Don Serafino Naytana Sanna presidente del tribunale di Oristano nel 1860.
LE DONNE - Felicita Bevilacqua nacque a Venezia nel 1822 sposata con il patriota siciliano Giuseppe La Masa. Il contributo di Felicita alla realizzazione dell'indipendenza e della Nazione è attestato anche dalla sua partecipazione a un comitato istituito dalla compagna di Carlo Pisacane, Enrichetta Di Lorenzo, con lo scopo di raccogliere quanto fosse necessario al soccorso dei feriti della seconda guerra d'Indipendenza. Felicita sollecita così le Sorelle, "ogni classe vi partecipi, chè il soldo della povera donnicciola sarà gradito quanto la ricca elargizione della doviziosa signora e ne avrà pari benedizione".
ORISTANO - L'invito non rimase inascoltato e raggiunse anche Oristano dove fu raccolto da Antonina Naitana, "donna influente" all'epoca, nipote della Contessa Marianna Musio, moglie di Giuseppe, senatore del Regno d'Italia. Il 21 maggio del 1860 Antonina scrisse una lettera a Felicita comunicandole che il suo appello dell'8 maggio in soccorso ai siciliani, a Oristano era stato accolto con l'interesse che ispira una suprema causa comune e con l'affetto che vincola sorelle a sorelle e alla liberazione di fratelli duramente oppressi.
I NOMI - Nel comitato, presieduto dalla stessa Musio, figuravano donne dell'élite cittadina. Alcune provenienti dalla nobiltà, come la figlia di Antonina, Anna Francesca, la figlia di Don Francesco Carta, Giulia, Donna Marianna Spano, Donna Gerolama Valentino, Donna Angioletta Corrias con le figlie Filomena e Raffaela. Numerose provenivano dalla nuova borghesia cittadina: la moglie di Vincenzo Falchi, Maria Francesca Carta, la moglie del notaio Giovanni Putzolu, Grazietta, o ancora la moglie dei notai Efisio Busachi e Nicolò Tolu, Vincenza (Busachi) e Francesc'Angela Delgiudice. Altre provenivano dall'ambiente politico cittadino: la moglie del consigliere Francesco Tuveri, le figlie di Pietro Luigi Floris Pinna, la sorella e figlia di Agostino Toxiri. Tra le sostenitrici del progetto anche Carolina e Cornelia Cadolini, moglie e figlia dell'ingegnere civico Pietro. Il registro dello Stato delle Anime della Cattedrale del 1857, testimonia che la famiglia Cadolini, residente in Strada dell'Aquila, è composta da Pietro, sua cugina Enrichetta e suo fratello Giovanni, appassionato dei nuovi valori patriottici e liberali, un giovane e valoroso soldato nelle lotta per l'Indipendenza. La presenza di questo personaggio del Risorgimento, fondatore anche di un giornale femminile, non rende difficile pensare che abbia contribuito attivamente alla diffusione degli ideali di una Nazione nuova e unita, e quello di donna emancipata, istruita, indipendente.
POPOLANE - La coscienza politica femminile verrà sollecitata non soltanto a livello di élites, ma anche tra gli strati più bassi della società così come auspicato dalla Bevilacqua: saranno la cuciniera Anna Vincenza Murru, le domestiche Maria Luigia Mulargia, Marianna Carru, Marianna Carta, Rita Mereu e la contadina Domenica Angela Perdixi a partecipare a un'offerta definita dalla stessa Antonina tenue, ma pronta, cordiale e popolare. Antonina si rammarica di non essere riuscita a raccogliere più denari, ma solo 253,24, lire. Nella lettera scrive che le sorelle sono "dolenti che non poche persone siasi astenute dal sottoscrivere e conferir denari in risentimento e per il timore che il trionfo della causa dei siciliani importi la separazione della Sardegna dalla madre Italia e l'annessione della medesima ad altra nazione siccome si va da qualche tempo buccinando non si sa se ad arte o per caso".
LA COLLETTA - Le donne italiane riuscirono a raccogliere in totale 5000 franchi che Felicita fece pervenire direttamente a Giuseppe Garibaldi.
I carteggi della biblioteca civica di Verona testimoniano che le oristanesi entrarono a far parte di quello scambio intenso di corrispondenza tra le patriote, rendendosi attiviste di una vasta rete di collegamenti e di scambi. Non diventarono mai giardiniere, non presero mai un fucile in mano, non cucirono coccarde e bandiere, non scrissero inni né versi a favore della lotta allo straniero, ma nel loro piccolo dimostrarono che le donne non sono nate per la conocchia e per l'ago, come recitava un manifesto affisso a Venezia nel periodo, e fecero loro il pensiero del patriota pugliese Salvatore Morelli che scrisse: "Care signore il mondo è di chi se lo sa prendere. Se voi volete la vostra posizione giurica dovete conquistarvela. Profittate del momento in cui l'Italia volge a migliori destini (...) propugnate il vostro diritto".