Si apre nel segno dell'arte visiva la ventisettesima edizione del Festival Dromos, precedendo di una settimana l'avvio della ricca programmazione musicale (ma non solo) che andrà avanti fino al 14 agosto, snodandosi, come da tradizione, tra Oristano e i diversi centri della provincia che fanno parte del suo circuito: Cabras, Fordongianus, Marrubiu, Masullas, Neoneli, Nureci e Tadasuni.

Da sempre attento alle contaminazioni culturali e ai linguaggi artistici ibridi, Dromos ha scelto quest'anno come titolo “Hope. La speranza è una scelta”, in continuità ideale con le due precedenti edizioni del festival all'insegna di "Change" (2023) e "People" (2024), dando al tema della speranza il ruolo di forza trainante per affrontare il presente e immaginare il futuro. In linea con questo tema, si inserisce l'importante mostra “Hope Around. New York Graffiti” che domani, venerdì 18 luglio, si inaugura a Oristano alle 19 al Foro Boario (in piazza Giorgio Luigi Pintus) per restare aperta fino al 25 ottobre.

Curata dalla critica d'arte e docente Fabiola Naldi, l'esposizione rappresenta un evento eccezionale, perché per la prima volta viene presentata al pubblico la collezione personale di Pietro Molinas Balata, grande conoscitore di graffiti di scuola americana a partire dalle prime testimonianze pionieristiche; un «collezionista per eccellenza», come lo definisce l'artista visivo Salvatore Garau, «un uomo che ama così tanto l'Arte contemporanea da averle dedicato la maggior parte della vita, tessendo nel silenzio più assoluto la sua collezione con una passione che oggi, più che una storia reale, pare una favola».

La mostra propone quarantadue opere su tela firmate da alcuni tra i più influenti protagonisti del graffiti writing di New York, che non solo raccontano un'epoca di intensa creatività urbana, ma testimoniano anche l'impatto culturale e artistico di un linguaggio visivo che ha trasformato l'estetica delle città.

Tra gli artisti in mostra figurano nomi del calibro di Rammellzee, celebrato recentemente al Palais de Tokyo di Parigi; Phase 2, figura chiave dell'Aerosol Art; Fab 5 Freddy, artista visivo, filmmaker e pioniere dell'Hip Hop; Futura 2000, noto per le collaborazioni con brand internazionali come Nike, Levi's e Vans, tra gli altri; e, ancora, Crash, Daze, Toxic, Kool Koor, Blade, Lee, il gruppo di artisti Tats Cru di base nel Bronx di cui fanno parte anche i gemelli How & Nosm, a testimonianza di una linea evolutiva che unisce le origini del fenomeno alle sue espressioni contemporanee. Artisti che, come afferma la curatrice Fabiola Naldi, «hanno contribuito in modo significativo alla definizione del graffiti writing come fenomeno espressivo e di comunicazione visiva, influenzando generazioni di writer e appassionati in tutto il mondo e portando il grado stilistico dell'intera disciplina a una sofisticazione espressiva mai vista». Oltre ai dipinti, tre fotografie realizzate da Martha Cooper, Robert Herman e Sophie Bramly, dedicate rispettivamente a Keith Haring, Jean-Michel Basquiat e Dondi White.

Pietro Molinas Balata, che ha messo a disposizione dell'iniziativa la sua collezione, sottolinea come il graffitismo abbia saputo distinguersi per la sua unicità formale e per l'impatto culturale, evolvendosi da gesto clandestino a forma d'arte riconosciuta, senza perdere il proprio slancio originario: «Il Graffitismo possiede l'essenza propria del movimento artistico riconosciuto dalle istituzioni, in quanto dotato di una estetica originale e riconoscibile. Nasce senza rassomigliare a niente altro, distaccandosi dalle precedenti correnti artistiche del Novecento, con una metodologia radicale ben precisa, espressa inizialmente dall'apporto di artisti "non-artisti" legati soprattutto alla loro condizione sociale».

Come afferma il direttore artistico del festival Salvatore Corona, esiste un legame profondo tra l'urgenza espressiva del graffiti writing e la filosofia di Dromos: entrambi nascono dal desiderio di trasformare i margini in luoghi di cultura, di incontro e di senso. «C'è qualcosa in Hope Around che riconosco come familiare» dichiara Corona: «quella forza diretta, nata per strada, capace di trasformare spazi marginali in luoghi di espressione libera e autentica. In fondo anche Dromos, che nel nome porta l'idea del percorso, nasce dalla stessa urgenza di ricerca e incontro tra culture. Un ringraziamento a tutti coloro che hanno reso possibile questa mostra, e al Comune di Oristano per il costante supporto al nostro lavoro».

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