Diciamolo subito così da evitare alzate di scudi e shitstorm: Estelle Ferrarese, professoressa di Filosofia morale e politica all’Università Picardie Jules Verne, non ha nessuna intenzione di delegittimare l’impegno di chi crede nel consumo etico, nella sostenibilità e nell’attenzione all’ambiente. Il suo ultimo saggio, Il mercato della virtù (Castelvecchi, 2024, pp. 156), è però un invito a riflettere su come ogni scelta, anche la più virtuosa, necessita di consapevolezza, di informazione, di un ragionevole dubbio su quello che stiamo facendo. Altrimenti diventa ideologia acritica, radicalismo vizioso, anziché consapevolezza virtuosa.

Estelle Ferrarese avvia la sua riflessione da domande all’apparenza banali, ma che toccano alcuni capisaldi del consumo etico: Quando un prezzo è “giusto”, dal punto di vista etico? Sono davvero possibili un turismo responsabile e un commercio equo e solidale? Secondo la filosofa francese possono essere anche possibili, ma non mantenendo inalterato il sistema economico e sociale odierno basato sul capitalismo e sul consumismo. Certo, il successo del consumo etico si fonda su una critica radicale alle strutture capitalistiche e consumistiche, ma secondo Ferrarese si tratta di una critica teorica e illusoria, una sorta di costruzione mentale che ci fa stare meglio senza impegnarci fino in fondo a cambiare le cose. Il consumo critico, infatti, alimenta lo stesso ordine che cerca di correggere. Troppo spesso non fa altro che sostituire negli scaffali i prodotti green e a chilometro zero, ma sempre all’interno di una catena commerciale che è quella della grande distribuzione e della legge della domanda e dell’offerta.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Il consumo etico, secondo l’autrice, pare non tenere conto che il mercato di tipo capitalista riduce alle proprie regole ogni norma morale, ogni scelta etica. Così ci si ritrova a promuovere e diffondere comportamenti virtuosi ma all’interno di una realtà che vive di meccanismi economici predatori, basati semplicemente sul profitto. In parole povere per il sistema capitalistico il consumo etico non è altro che una massa di consumatori da sfruttare, di prede da spennare facendo credere agli individui che stanno cambiando il mondo, quando invece, gattopardescamente, le grandi aziende e il mercato agiscono perché tutto resti uguale.

Naturalmente si può non essere d’accordo con l’analisi di Estelle Ferrarese, che però a nostro parere ha un merito indiscutibile: svela le ombre di uno stile di vita che, pur essendo attento agli altri e all’ambiente, spera di salvare il pianeta puntando troppo sulle scelte individuali e non facendo il passo più importante, e cioè impegnarsi politicamente affinché le regole che governano il mercato e la nostra società cambino, e per sempre.

Per Ferrarese, non basta fare scelte etiche dentro di noi. Dobbiamo avere il coraggio di farle anche al di fuori, riportando la politica, che è gestione della cosa pubblica, al primo posto della nostra agenda dell’impegno personale. Viceversa, continueremo a sentirci migliori in un mondo che perpetua comunque le diseguaglianze e le ingiustizie in nome del profitto.

© Riproduzione riservata