Lo sapevate che tra le leggende di Sardegna ne esiste una che ricorda molto la vicenda dei “Doni della morte” con protagonista Harry Potter, il maghetto protagonista della celebre saga – letteraria e cinematografica – creata dalla fantasia di J.K. Rowling?

Si tratta dell’antica leggenda de “I tre fratelli”, una favola riferita dalla scrittrice premio Nobel Grazia Deledda

L’incontro con le Janas– La storia ha per protagonisti tre fratelli orfani della zona di Nurri, che dopo una giornata trascorsa a raccogliere olive decidono di riposarsi in una grotta nella zona di Pala Perdixi. Mentre stanno desinando con del pane e altro cibo frugale, nella spelonca compaiono all’improvviso tre donne sconosciute.

I tre fratelli, gentili e beneducati, le invitano allora a pranzare con loro e raccontano della loro esistenza modesta e della faticosa vita di raccoglitori di olive. Solo quando hanno finito il loro racconto, le tre donne rivelano la loro natura: sono delle streghe, anzi delle fate (Orgianas o Janas) e, per premiare la loro gentilezza e la loro umiltà, decidono di donare a ciascuno dei fratelli tre oggetti magici. 

I magnifici doni – Uno riceve una tovaglia, che ogni che verrà aperta farà apparire ogni leccornia e bendiddio. Il secondo riceve un portafogli, che ogni volte che verrà aperto sarà pieno di monete. Il terzo riceve un flauto, in grado di far ballare tutti coloro che ascolteranno il suo suono. 

Dopo aver salutato le fate i tre fratelli decidono di cambiare vita e di girare per la Sardegna godendosi i loro “tesori” (che solamente loro possono vedere), grazie ai quali non dovranno più avere fame né problemi di soldi. Ma anche il flauto, come vedremo, si rivelerà molto utile...

Ovunque vanno i tre fratelli non solo mangiano ciò che vogliono e comprano ciò che desiderano, ma offrono anche lauti banchetti e fanno regali alla popolazione. Un prete, però, intuisce che sotto c’è qualcosa di strano. Dunque intima loro di pentirsi e di rinunciare ai poteri sovrannaturali che li rendono ricchi e sempre sazi. Per dargli, il fratello cui è stato donato il flauto tira fuori il suo strumento e inizia a suonarlo, facendo ballare il prete contro la sua volontà, fino allo sfinimento. Ma non è costretto a ballare solo il sacerdote, ma anche tutti quelli che accorrono a vedere quel prodigioso spettacolo. I fratelli riescono così a fuggire, ma presto vengono arrestati e imprigionati. La gente li ritiene degli stregoni, anzi dei “fattucchieri”, e per questo vengono i giudici li condannano a morte. 

Il colpo di scena finale – Ma prima di salire sul patibolo per essere impiccati, davanti a una moltitudine di curiosi, i tre chiedono ai carnefici di esaudire a ciascuno di loro un ultimo desiderio. Quelli acconsentono e allora il primo fratello apre la sua tovaglia invisibile e dona alla folla entusiasta i cibi meravigliosi che appaiono, assieme a fiumi di vino. Quando poi tutti – carcerieri, giudici e moltitudine – sono sazi e ubriachi, il secondo fratello apre il portafogli e inizia a distribuire monete ai presenti, ancora più entusiasti, ebbri e felici.

Il terzo, infine, chiede e ottiene di poter tornare a suonare il flauto che soltanto lui può vedere. Così, ancora una volta, tutti iniziano a ballare in maniera forsennata, senza riuscire a fermarsi, fino a crollare. 

«E nella terribile confusione – conclude Grazia Deledda nel suo racconto – i tre condannati poterono svignarsela e porsi in salvo con i loro talismani».

(Unioneonline/l.f.)

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