"Schiaffo al volo di Maria Sharapova". Correva l'anno 2004 e a quell'epoca i telecronisti continuavano a battezzare certi colpi dei campioni (la veronica di Panatta, il tira e corri di Agassi, la schiacciata a bilanciere di Connors e così via).

La bionda siberiana conquistò il mondo in quell'estate di 16 anni fa, quando vinse il torneo più affascinante al mondo, Wimbledon, ai danni della regina dei prati inglesi, Serena Williams. Un colpo di fulmine per gli appassionati: alta, bella, forse un po' algida, concentratissima solo sul tennis, capace di pareggiare in potenza la più forte delle sorelle Williams e di far scricchiolare il loro asettico dualismo. Bum bum: servizio e colpo vincente di rimbalzo, preferibilmente il rovescio. Oppure quel colpo al volo, uno schiaffo. Divina.

In quel giorno nessuno poteva prevedere che quello sarebbe stato l'unico titolo, storico e irripetibile, sull'erba londinese, della splendida Maria che confermò invece gli altri vaticini diventando un anno dopo la giocatrice numero uno al mondo e vincendo poi nel resto della sua carriera tutti gli altri tornei del Grande Slam (Flushing Meadows nel 2006, Melbourne nel 2008 e Roland Garros nel 2012 e nel 2014), nell'arco di una carriera ricca di salite e risalite.

La notizia del ritiro della divina ammutolisce i suoi tifosi e chi aveva sperato nella sua ennesima resurrezione. La spalla non le ha dato tregua e attraverso Vogue e Vanity Fair ha dato l'annuncio: riviste scelte non a caso dalla tennista più glamour dei tempi moderni, che ha saputo almeno quintuplicare (il calcolo probabilmente è per difetto) grazie agli introiti della pubblicità i suoi guadagni sul campo (oltre 38 milioni di euro vinti in sedici anni di carriera).

Maria lo schiaffo a volo è riuscito a darlo soprattutto alla sua vita. Nata in un freddo paesino della Siberia, a sei anni è sbarcata in Florida tenendo per mano quel padre che aveva abbandonato il lavoro inseguendo il sogno di far diventare la figlia non una semplice professionista della racchetta, ma la numero uno. Sacrifici veri, fame e fatica accanto a racchette e allenamenti raccontati dalla Sharapova in un libro, "Inarrestabile", che è la sua biografia uscita all'indomani dello scandalo per la squalifica per doping (fu trovata positiva al meldonium nel 2016). Un brutto colpo all'immagine, ma Maria non si è buttata giù: semmai sono stati i guai fisici (oltre a una dualismo con Serena Williams che l'ha vista travolta, 2 vittorie contro le 20 della sua rivale) a farle finire a soli 32 anni una carriera che è stata meno importante rispetto a quel che i tecnici (Nick Bollettieri in primis) per lei avevano previsto. Alla fine Maria Sharapova è stata una grande tennista certo, ma ancor di più una grande industria imperniata sulla sua persona, assediata sia dai fan sia dagli sponsor. Forse con un unico rammarico: avrebbe senz'altro potuto vincere di più in carriera grazie a un tennis che nelle giornate sì era davvero bellissimo.

Nella sua biografia ha tenuto a ringraziare un po' tutti, dal padre alla madre che li ha raggiunti negli Stati Uniti, sino agli allenatori e ai preparatori tecnici. Ma soprattutto ha ringraziato se stessa, svelando il segreto della sua forza: "Potrei metterla in termini più raffinati, ma nei fatti la mia storia è semplice: voglio vincere, o meglio, odio perdere".

Detto così sembra quasi facile, invece.

Così alla fine la sconfitta finale per lei è la più amara da accettare: addio al tennis per colpa di una spalla logora. Ci mancherai.

Maria Sharapova lascia il mondo del tennis
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La fuoriclasse russa ha dato l'annuncio sui social
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"Continuerò a spingere ed arrampicarmi", ha scritto su Instagram
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La 32enne si ritira dopo aver vinto tutto
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Nel 2005, a soli 17 anni, ebbe la meglio su Serena Williams a Wimbledon
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La Sharapova ha vinto anche due Roland Garros
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E uno Us Open
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Medaglia d'argento anche alle Olimpiadi di Londra del 2012
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È stata per la prima volta numero uno al mondo nel 2005
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(foto Ansa e Wikipedia)
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