E' una verità assoluta. Quella straordinaria mattina del 18 agosto 1969, a Woodstock, quando il suono della chitarra elettrica di Jimi Hendrix riempì l'aria, spazzando via la sbornia dei giorni precedenti, uno speciale mix di musica, folla, fango e caos, resterà per sempre, immortale come il rock.

Il festival, pensato per 50 mila persone, si sarebbe dovuto chiudere il giorno prima con l'esibizione del chitarrista di Seattle, ma per problemi tecnici il concerto era saltato. Molti dei 400mila arrivati nella piccola città rurale dello stato di New York erano ormai andati via, ma Hendrix (che in fondo non amava le folle) scelse di esibirsi lo stesso. Salì sul palco alle nove del mattino ed erano trascorse già due ore di splendida musica (come "Message to love", "Red House") quando il chitarrista fece esplodere la sua Fender Stratocaster con le note di "The Star-Spangled Banner", l'inno statunitense, rivisitato da rumori che ricordavano esplosioni e boati delle bombe che sconvolgevano il Vietnam, "la sporca guerra" nella quale tanti ragazzi americani combattevano e morivano. Quattro infiniti minuti e un magnifico assolo di chitarra. Non fu, come tanti dissero, un messaggio pacifista, atto finale della quattro giorni di amore e pace: quell'inno suonato in quel modo, disse Jimi Hendrix, era la fotografia perfetta dell'anima degli States alla fine degli anni Sessanta.

Uno scatto unico, straordinario. Indimenticabile, almeno quanto l'esibizione, un anno dopo, nella magica estate del 1970, l'ultima vissuta da Jimi Hendrix. Il 18 settembre uno dei più grandi chitarristi della storia sarebbe morto a soli 27 anni, ucciso da un micidiale cocktail di alcol e barbiturici. Appena due settimane prima, tra il 26 e il 31 di agosto, era nel bel mezzo del canale della Manica sull'isola inglese di Wight dove si tenne l'Isle of Wight Festival. Una sorta di esperimento gemello a Woodstock, per molti osservatori un appuntamento con il rock meglio riuscito di quello americano, al quale parteciparono i Doors, gli Who, Miles Davis, Joan Baez, i Jethro Tull, gli Emerson Lake & Palmer. Il più atteso, ancora una volta, era lui, il dio della chitarra che si esibì nella notte fra il 30 e il 31 di agosto. Proprio come un anno prima, la sua esibizione doveva essere la giusta chiusura di un indimenticabile happening musicale. Hendrix salì sul palco, assieme al batterista Mitch Mitchell e al bassista Billy Cox (che aveva sostituito Noel Redding, andato via mandando all'aria The Jimi Hendrix Experience) nelle primissime ore del 31 di agosto. Nonostante alcuni problemi tecnici per il cattivo funzionamento di un amplificatore, riuscì a impadronirsi della scena come solo lui era in grado di fare. Nessuno poteva aspettarsi che quella fosse una delle sue ultime esibizioni. Fu trovato senza vita a Londra, nella sua stanza al Samarkand Hotel, il 18 settembre 1970. Ancora oggi la sua morte sembra avvolta da una nube di mistero, come del resto quella degli altri rocker del cosiddetto 'Club 27', quello dei musicisti scomparsi a 27 anni (come Jim Morrison, Janis Joplin, Kurt Kobain). Nato a Seattle il 27 novembre 1942, in una manciata d'anni Hendrix era riuscito a cambiare per sempre la storia della musica rock. Era un bambino quando suo padre gli regalò un vecchio ukulele con una sola corda, con il quale il piccolo Jimi iniziò a muovere i primi passi nella musica, prima di imbracciare la prima vera chitarra, che un amico del padre gli vendette per soli cinque dollari. Blues, soul, ma anche funky, psichedelica e tanto rock: il suo repertorio ha abbracciato negli anni vari generi musicali, sfornando brani leggendari come "Purple Haze" (1967), "Foxy Lady" (1967), "Hey Joe" (1967) e "Voodoo Child" (1970).

Dire Jimi Hendrix vuol dire chitarra. Quella con la quale suonò a Woodstock è una fra le più simboliche del suo ampio parco strumenti. Insieme alla Black Beauty (una Stratocaster nera), la Woodstock Strat è fra le sei corde hendrixiane più famose, una Fender Stratocaster, Olympic White, del 1968 con numero seriale #240981, manico in acero e body in ontano. Ora è custodita nel museo a lui dedicato a Seattle insieme ai ricordi di un'indimenticabile stagione rock.
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