Giacca di pelle rossa, occhiali da sole (che non toglie mai) lunghi capelli e barba incolta. È ostinatamente rock Karim Qqru, batterista dei The Zen Circus, e nonostante il nome arabeggiante anche sardo.

Al secolo Gianpaolo Cuccuru, sua madre è nata a Pattada e si è trasferita ad Alghero, suo padre è di Pozzomaggiore. Lui vive in Toscana da tempo ma in Sardegna torna tutte le volte che può.

Oggi, all'indomani della prima serata del Festival, anche se il giudizio parziale della giuria demoscopica li ha relegati nella zona rossa della classifica, Karim si dice soddisfatto dell'esibizione di ieri sera.

Unionesarda.it li ha incontrati a Sanremo, in una bella giornata di sole.

"Siamo molto contenti - ci racconta -. Chiaramente il palco dell'Arison è diverso dal contesto a cui siamo abituati. Per soli tre minuti devi dare il massimo, e noi siamo abituati a concerti di due ore. Ma la tv è così".

Cominciamo da qui: Sanremo è un palco inusuale per una band come voi. Il vostro seguito vi ha "punito" o apprezzato?

"Va detto che negli ultimi anni questo seguito è aumentato molto, e dunque è più vario. Quando è venuta fuori la notizia che saremmo andati a Sanremo, il 90% era contentissimo. Un 10% era contrario e non ne capiva il senso. Ed è stato davvero bello ieri sera vedere una marea di gente commentare: 'Ora capisco perché siete andati lì'. Questa forse è la soddisfazione più grande perché noi crediamo molto in questa canzone, sentiamo che può davvero rappresentarci. E questo non succede spesso".

Il titolo del vostro pezzo è molto forte: "L'amore è una dittatura". Che cosa significa?

"È un pezzo che abbiamo scritto senza immaginare che sarebbe finita a Sanremo, anche se è nata con una base da orchestra. Il testo, come molti testi degli Zen, è sulla mancanza e sulla ricerca di un senso comunitario. Parla d'amore, ma dell'amore che trascende dal rapporto di due persone che si amano. Ci occupiamo della fase precedente".

Ossia?

"Quella del conoscersi, anche a prescindere dalle storie d'amore. Parliamo di empatia, della paura di lasciare entrare le persone nella propria vita".

Nella propria vita e nel proprio Paese, visto che parlate di "porte aperte e porti chiusi"...

"Noi come Zen Circus crediamo che una band debba occuparsi di politica civilmente: quando scendi dal palco, puoi fare quello che ti pare, ma sul palco non esistono colori politici. Noi ci occupiamo di temi sociali: tra sociale e politica c'è molta differenza. E il mondo, in quel caso, diventa una scenografia".

In che senso?

"Beh, non possiamo fare finta di vivere su Marte. Ma in questo caso le "porte aperte" e i "porti chiusi" hanno un significato simbolico, che va oltre l'attualità più stretta. Il testo è molto stratificato, è un crescendo emotivo che segue il ritmo serrato della musica. Ha diversi piani di lettura ed è sempre bello lasciare all'ascoltatore la libertà di suggestionarsi e di interpretare le canzoni a modo suo".

Parliamo delle tue origini, quanto ti senti sardo?

"Molto. I miei genitori sono sardi e, anche se ho trascorso la prima parte della mia vita in Toscana, ho sempre passato ogni anno diversi mesi in Sardegna e per un periodo anche anni. Sono cresciuto col sardo nelle orecchie. Tutta la mia famiglia è sarda, non ho un parente che non sia sardo. Sono affascinato dal legame dei sardi con l'Isola, che non ha nulla a che vedere con la politica".

Ossia?

"Il concetto di autodeterminazione dei sardi non c'entra con i partiti indipendentisti: l'identità sarda è a-politica, ancestrale, ha a che fare con la terra e con il mare che li circonda, e che loro vivono come croce e delizia. Questa è una cosa che coinvolge tutti i sardi, anche fuori dall'Isola. E sono tanti, perché il sardo è errante. L'Isola è così: te la porti nel cuore e in giro per il mondo. Per sempre".

Angelica D'Errico

(Unioneonline)

LA PRIMA SERATA:

Le immagini del primo appuntamento della kermesse
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Inizio un po' impacciato, poi l'atmosfera si scioglie
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Stasera si sono esibiti tutti i cantanti (in foto Loredana Bertè)
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Il Volo
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Francesco Renga
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Nek
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The Zen Circus
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Livio Cori e Liberato
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Daniele Silvestri
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Patty Pravo e Briga
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Motta
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Paola Turci
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Arisa
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Simone Cristicchi
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Achille Lauro
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Bocelli e il figlio Matteo
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Lo sketch di Virginia Raffaele e Pierfrancesco Favino
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Anche Giorgia tra gli ospiti
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Il ricordo di Fabrizio Frizzi
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(Tutte le foto sono Ansa)
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