Secondo le proiezioni dell'Istat, non passerà molto tempo perché la popolazione della Sardegna, dagli attuali 1,6 milioni, si riduca a poco più di un milione di abitanti. Per via di un tasso di decrescita ormai consolidatosi anno dopo anno, a causa del saldo demografico sempre più negativo (più decessi che nascite) e dei continui e sostenuti flussi migratori, in gran parte di giovani fra i 15 ed i 35 anni in possesso d'un elevato titolo di studio. Conseguentemente, sarebbe sempre più evidente l'invecchiamento della popolazione, con oltre la metà dei sardi destinata ad essere formata da ultrasessantacinquenni.

Si tratta di una previsione preoccupante che pone molti e gravi problemi per il futuro dell'isola dei nostri figli e nipoti. E che pone come necessaria l'urgenza di attuare degli interventi correttivi per rallentarne ed impedirne le pesanti conseguenze. Ad iniziare proprio dall'emorragia migratoria. Infatti, crescono sempre più gli emigrati in possesso di un'elevata preparazione professionale e culturale. Cioè di quanti potrebbero, grazie alle loro competenze, fermarne il declino.

Le ragioni? In gran parte andrebbero ricercate nella struttura di un'economia locale debole e miniaturizzata, composta da una maggioranza di imprese bonsai, inadatte ed incapaci nell'utilizzo delle professionalità di medio-alto livello. Non a caso, secondo una recente rilevazione, poco più di un centinaio delle oltre centomila imprese attive nell'isola (di cui quasi i due terzi sotto i quattro addetti), avrebbe nell'organico laureati o diplomati.

Strutturalmente quindi assai deboli e competitive sul piano della produttività e dell'innovazione, oltre che limitate ad un mercato di vicinato.

Non è difficile rendersi conto che si è di fronte ad una situazione assai complessa e, per tanti versi, di non facile superamento. Si è già accennato, anche su queste colonne, sull'invalidante divario negativo esistente fra la Sardegna e l'altra Italia in tema di prodotto pro capite (meno 38-40%), di investimenti pubblici e privati (meno 50-55%) e, ancor più, del continuo peggioramento della dipendenza economica. Senza dimenticare la manifesta incapacità di saper utilizzare appieno le possibilità offerte dalle legislazioni di promozione e di sostegno. Con una pericolosa devianza verso gli interventi assistenziali e di soccorso, tanto da far ritenere che certa imprenditoria sia assai più dedita ad ottenere aiuti pubblici che a curare la gestione delle attività.

Non vi è dubbio, comunque, che il pericolo maggiore da scongiurare rimanga quello dello spopolamento, con un ritorno ai numeri infelici dell'inizio del secolo scorso. Aggravati dal fatto che, rispetto ad allora, si va determinando una forte prevalenza di over 65. Una minaccia che va interessando maggiormente i piccoli comuni dell'interno, dato che - citiamo ancora l'Istat- essi presentano un tasso di natalità decisamente più basso di quello rilevato nei centri più grandi, oltre a mostrare un indice di vecchiaia assai maggiore di quello medio.

C'è quindi l'esigenza di dover invertire quel trend negativo, per evitare che il territorio isolano si trasformi in una ciambella con un gran buco al centro, disabitato e desertificato. In palese contrasto con quel passato dove i due terzi della popolazione viveva e lavorava in quel centro.

Per la verità, il compito di quest'inversione spetterà innanzitutto alla politica. Alle sue scelte ed alle sue determinazioni; nel caso specifico all'attuale Giunta. Che può contare su di una congiuntura favorevole, determinata dalle disponibilità, pur plasmate in più anni, di circa 2,5 miliardi di euro di fondi governativi e, dal 2021, di circa 3 miliardi di aiuti europei. Una disponibilità di risorse che, se ben diretta, dovrebbe poter migliorare decisamente l'infrastrutturazione territoriale della regione (oggi la Sardegna è, in questa classifica, la duecentotrentesima regione dell'Unione Europea). Il presidente Solinas, ha espresso di recente l'impegno a voler predisporre un vasto piano d'investimenti, ed è notizia da accogliere con compiacimento. A cui s'intende soltanto aggiungere un modesto consiglio: non lo si disperda in disorganici interventi a pioggia, privi di effettivi benefici sociali, ma si individuino due o tre importanti opere infrastrutturali a spazio regionale (dalla mobilità interna alla dotazione di servizi alle imprese) che, con la loro realizzazione, ridiano vigore, lavoro e competitività all'intera economia dell'isola.

Paolo Fadda

(Storico e scrittore)
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