«Se non lo avessimo fermato avrebbe certamente continuato a uccidere». I carabinieri del Nucleo operativo e del Reparto investigativo di Cagliari non hanno dubbi. Eugenio Corona in un drammatico interrogatorio ha confessato di aver ucciso Adolfo Musini e tentato di ammazzare Ivaldo Marci: aveva un disperato bisogno di soldi per comprare la droga. Cocaina, per la precisione, che consumava per inalazione. Giovedì scorso Corona aveva il cervello offuscato da un mix di droga e alcol. In questo stato di completa alterazione è entrato a casa del pensionato di 88 anni, ex militare ed ex dipendente del Ministero dell'Interno, a San Michele. Lo ha ucciso e poi è tornato nei giorni successivi per razziare i beni custoditi nell'appartamento e rivenderli per pochi spiccioli. A questi episodi è collegato il nome di un terzo indagato (il secondo è Antonio Perra, arrestato con l'accusa di favoreggiamento).

La confessione - I carabinieri cercavano Eugenio Corona da domenica sera, da quando i Vigili del fuoco, chiamati da un vicino, sono entrati nella casa di Musini trovandolo senza vita. Stanze a soqquadro e sangue dappertutto: i segni inequivocabili di una rapina finita nel peggiore dei modi. Per pochi euro. Nel quartiere di San Michele il nome di Corona girava da subito. Gli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore Guido Pani, lo hanno aspettato a casa dei genitori. Fermato, è stato accompagnato negli uffici della caserma di via Nuoro, dove ha raccontato come ha ucciso Adolfo Musini e perché ha graziato Ivaldo Marci. Quest'ultimo deve la vita al fatto che dopo le quattro prime coltellate è stato riconosciuto dal suo aggressore che è poi fuggito senza infierire ulteriormente.

«Non è stato facile mettere insieme i tasselli della sua deposizione», commenta Michele Lastella, il comandante del Nucleo investigativo dei Carabinieri. «Siamo stati molto cauti, cercando i riscontri in ogni sua affermazione. Le frasi spesso erano scollegate tra loro, prive di senso. I segnali dell'uso e abuso di droga erano ben evidenti». Lastella e il tenente colonnello Ivan Giorno ricostruiscono i due episodi di sangue. «Corona ci ha raccontato di aver preso di mira l'abitazione al primo piano di una palazzina di via Valsassina dove abitava il pensionato. Si è arrampicato sino al primo piano e con un paio di cesoie ha forzato la finestra del balcone. Quando ha visto il pensionato, senza alcun motivo, gli ha assestato due coltellate al collo. Musini è caduto sul pavimento, mentre Corona cercava disperatamente i soldi. Non trovandoli si è avvicinato al pensionato: «Non ti preoccupare, dimmi dove nascondi i risparmi e poi chiamo l'ambulanza ». Promessa non mantenuta. Anzi, Corona, sempre secondo la sua confessione, dopo aver trovato quello che cercava, avrebbe colpito il vecchietto con altri fendenti (una cinquantina secondo l'autopsia). È poi scappato, sempre attraverso la finestra, trovando accoglienza a casa di Antonio Perra (arrestato per favoreggiamento), dove si sarebbe cambiato i vestiti sporchi di sangue (poi gettati in un cumulo di rifiuti e recuperati dagli investigatori) e le scarpe.

Sul luogo del delitto - Qui entra in scena il terzo indagato. Eugenio Corona, nei giorni successivi all'omicidio, sarebbe tornato in via Valsassina con un complice per completare l'opera. Nel fascicolo delle indagini compare il nome di un giovane di 29 anni (sempre del quartiere San Michele) alla ricerca disperata di soldi per comprare la droga e placare le crisi di astinenza.

Per ben tre volte, con il cadavere del pensionato ancora sul pavimento, Corona sarebbe tornato nella casa teatro dell'omicidio. In un'occasione, con il giovane complice, avrebbe razziato i beni più facilmente rivendibili. Prima un computer, poi un televisore che sarebbero stati ceduti per 50 euro a un circolo privato.

Andrea Artizzu

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