Artemisia Gentileschi è certamente una delle pittrici più celebri, non solo per le sue indiscutibili doti artistiche ma anche per i tratti del suo carattere e per il modo in cui ha voluto e saputo gestire la sua vita. Una vita che in alcune fasi si è rivelata certamente complicata.

Siamo nel 1600, in quel tempo a Roma operava Michelangelo Merisi, il grande Caravaggio, con il quale Orazio Gentileschi, pittore e padre di Artemisia, ebbe un rapporto di amicizia; certamente anche Artemisia, come molti altri colleghi, fu colpita da quell'artista che aveva introdotto il realismo nella pittura.

La formazione di Artemisia avvenne nell'atelier del padre, frequentato da molti pittori, tra i quali Agostino Tassi, che insegnava ad Artemisia la tecnica della prospettiva. La figura di Artemisia ha destato l'attenzione della scrittrice romana Elisabetta Rasy che nel suo interessante volume "Le disobbedienti" ne ha tratteggiato un ritratto da non perdere. L'opera racconta la storia di sei donne che hanno cambiato l'arte. Malgrado la diversità di epoca storica, di ambiente e di carattere, un tratto essenziale accomuna le sei pittrici: il talento prima di tutto ma anche la forza del desiderio e il coraggio di ribellarsi alle regole. "Lo chiamano lo Smaniagrasso - scrive Elisabetta Rasy - è uno che si vanta, litiga, imbroglia. Qualcuno sostiene che abbia fatto uccidere sua moglie a Lucca, perché lei gli aveva rubato 800 ducati. Dicono anche che vada a letto con la cognata e sia stato processato per adulterio. Quando comincia a frequentare la casa di via della Croce non ha ancora trent'anni, è brutto. Ma sa anche essere seducente. La diciottenne Artemisia è lusingata dalle sue attenzioni, forse si innamora, forse crede alle sue promesse di matrimonio. In un giorno di maggio del 1611, mentre Orazio Gentileschi lavora sulle impalcature della Loggetta delle muse, Agostino stupra Artemisia".

In quell'epoca la violenza sessuale non era considerata un reato contro la donna, ma contro l'onore della famiglia e Tassi, per evitare una condanna, offrì un matrimonio riparatore. Le sue parole si rivelarono solo promesse e infatti un anno dopo le nozze non erano state ancora celebrate. Fu a quel punto che Artemisia prese una decisione non facile tenuto conto dell'epoca in cui avvenne: denunciò Tassi per stupro, anche se Elisabetta Rasy precisa che di fatto fu il padre Orazio, e non Artemisia, a prendere la decisione. Il criminale stupratore sarà condannato, ma sarà soprattutto la pittrice a uscire afflitta dal processo: il suo onore e quello della famiglia Gentileschi era compromesso.

Poco dopo la fine del processo Artemisia, incitata dal padre, per mettere a tacere le voci sul suo conto, si sposò con il pittore fiorentino Pierantonio Stiattesi e si trasferì a Firenze La giovane pittrice grazie al suo talento riesce a inserirsi nella cerchia del granduca Cosimo. E questo consente alla sua fama di crescere a Firenze rapidamente. Artemisia non perde tempo e vuole anche imparare a leggere e scrivere: diventa così amica di uomini illustri come Galileo Galilei e il bis-nipote del Buonarroti, Michelangelo il Giovane. Il suo talento e le sue doti artistiche non restano nascosti, tant'è che nel 1616 sarà la prima donna a essere ammessa all'Accademia del Disegno, fondata circa 50 anni prima dal granduca Cosimo I su suggerimento di Giorgio Vasari.

Nonostante la terribile esperienza con Tassi, Artemisia fu capace di scoprire anche l'amore, non con il marito, ma con un nobile fiorentino di nome Francesco Maria Maringhi, un alto funzionario e autorevole ufficiale mediceo. Numerose lettere, comparse alcuni anni fa, confermano il loro rapporto. Nel 2011 a Palazzo Reale, a Milano, una mostra ha raccontato la vita di Artemisia attraverso cinquanta opere Tutte le sue donne rappresentate nelle tele, persino le figure sacre, sono caratterizzate da robusta virilità e prosperosa femminilità. Splendide le massicce Maddalene tra sensualità peccaminosa e ascesi spirituale; essenziale il cruccio di Susanna provocante viscidi vecchioni, sventurata - direbbe ancora Manzoni - la monaca ritratta tra il 1613 e il 1618.

Erotica la Cleopatra morente in un nudo a grandezza naturale che doveva essere tenuto dietro le tende per la sua impudicizia, geniale la Danae annoiata il cui corpo nudo riceve pioggia d'oro. Un piccolo capolavoro dipinto su rame con colori preziosi, come l'azzurro lapislazzuli, a dimostrazione della capacità tecnica della pittora.

Nel corso della sua vita Artemisia dipinse sia ritratti che opere religiose o di soggetto biblico, tutti lavori animati da una violenta espressività e forti contrasti in chiaroscuro di impronta caravaggesca. Dipinse almeno sette versioni di Giuditta e Oloferne, quadri violenti e truci, occasioni per l'artista di rappresentarsi in autoritratti, figurativi ma anche psicologici. Artemisia realizza tuttavia anche alcuni tra i più sensuali nudi femminili, nei quali sono riconoscibili le forme della sua figura.
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