"Avvicinarsi alla morte è avvicinarsi alla gioia, ma alludo al superamento di ogni contraddizione che attraversa la nostra vita perchè siamo costantemente nello squilibrio e nell'instabilità: non ci attende la reincarnazione o la resurrezione, ma qualcosa di infinitamente di più". Così scriveva e ripeteva spesso, nelle sue lectio e nei suoi incontri, Emanuele Severino, il filosofo morto a Brescia all'età di 90 anni.

La scomparsa risale al 17 gennaio scorso, ma la notizia è stata resa nota solo oggi, a funerali avvenuti.

Un pensiero radicale, il suo, che per la negazione del "divenire" lo ha portato ad un conflitto con la chiesa cattolica al punto che nel 1968, 4 anni dopo aver pubblicato "Ritornare a Parmenide", su sua richiesta venne istruito un processo dall'ex Sant'Uffizio, che dichiarò la sua filosofia incompatibile con il cristianesimo.

Laureatosi a Pavia nel 1950, Severino scrisse una tesi dal titolo “Heidegger e la metafisica”, già evidenza di quelli che sarebbero stati i suoi studi futuri.

Numerosi i premi ricevuti negli anni (Premio Tevere, Guidorella, Columbus), oltre alla Medaglia d'oro della Repubblica per i Benemeriti della Cultura.

Severino è stato professore emerito di Filosofia teoretica alll’Università di Venezia e ha insegnato Ontologia fondamentale alll’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È stato Accademico dei Lincei.

Fra le sue opere più recenti: Dispute sulla verità e la morte (Milano 2018); Il tramonto della politica. Considerazioni sul futuro dell'uomo (Milano 2017); Storia, gioia (Milano 2016);In viaggio con Leopardi. La partita sul destino dell'uomo (Milano 2015).

(Unioneonline/v.l.)
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