"Cara Unione,

ho appreso che a Borore (NU) l'artista Nicola Mette si è cimentato in una perfomance-denuncia contro il prezzo del latte, richiamando l'attenzione sulle proteste dei pastori sardi consumatesi qualche mese fa.

È un piacere sapere che esistano artisti impegnati socialmente, ma spiace vedere che, per aiutare qualcuno, rechino sofferenza a qualcun altro.

L'artista in questione ignora (volutamente?) la crudeltà che sta dietro la produzione del latte. Nel caso della Sardegna si tratta soprattutto di latte di pecore e capre.

I disgraziati cuccioli vengono fatti nascere affinché le madri possano avere latte nelle mammelle, vengono loro strappati e, se non sono macellati localmente, sono costretti a lunghi ed estenuanti viaggi, stipati su camion, in condizioni di insopportabile sofferenza, per arrivare al macello dove vengono immobilizzati, storditi con elettronarcosi, appesi a un gancio e lasciati dissanguare. Prima della macellazione si dimenano, urlano, piangono terrorizzati. Dopo di loro, tocca alle madri "a fine carriera". Ogni volta che si guardano queste immagini diffuse ovunque in rete, si avverte l'incapacità di trovare una spiegazione a tanto dolore.

E in Sardegna la sorte riservata ad agnelli e capretti spetta anche ai maialini, nel nome di un'inaccettabile tradizione gastronomica.

A prescindere dalla motivazione etica, che per me resta imprescindibile perché ritengo che nessun animale debba essere mangiato, e da quella salutistica che dovrebbe tutelare un bene preziosissimo che è la salute, ve n'è anche una economica che dovrebbe indurre la Sardegna a guardare in un'altra direzione.

È necessario rivedere i cardini attorno cui fare ruotare l'economia. Non è semplice ma bisogna decidersi a iniziare perché il futuro del pianeta non è certo assicurato dal consumo di cibo animale, col dispendio di risorse che esso richiede.

Gli artisti hanno un ruolo importante nella società e dovrebbero veicolare questo messaggio.

Cordiali saluti".

Paola Re - Tortona (Al)

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