Ucraina, i numeri dell’accoglienza
I permessi di soggiorno rilasciati nel 2021 sono stati oltre 241 mila, 135 mila in più rispetto all’anno precedente. In Sardegna sono 2.500
Quante sono le persone in fuga dall’Ucraina ospitate in Italia? Il dato Istat relativo a fine settembre cristallizza le richieste di protezione temporanea in 159 mila unità.
In generale i permessi di soggiorno rilasciati nel 2021 sono stati oltre 241 mila, 135 mila in più rispetto all’anno precedente. Flussi tornati a livelli pre pandemia ma senza un recupero e tantomeno un sorpasso. Non c’è nessuna invasione, sebbene taluna propaganda come tale la voglia identificare.
Inoltre il numero dei nuovi cittadini italiani, coloro che superata una legislazione antiquata riescono nell’impresa, sono diminuiti dell’8 per cento. I nuovi cittadini sono soprattutto albanesi e marocchini e l’88,6 per cento di loro vivono al Nord. Stiano tranquilli i timorosi dei migranti, ci sono lidi più appetibili per ricchezza e capacità di accoglienza rispetto alla nostra Isola povera e spopolata.
Una quota importante dei nuovi migranti sono donne. Sono 113 mila 692 quelle arrivate dall’Ucraina. Con loro tanti bambini, oltre 62 mila. Bimbi che frequentano le nostre scuole e nel caso di piccole realtà in Sardegna vanno a rafforzare classi a rischio tagli.
La presenza della comunità ucraina è consolidata in Italia da tanti anni.
Prima dello scoppio del conflitto l’Italia era il secondo paese dopo la Polonia che ospitava più cittadini ucraini con oltre 651 mila permessi di soggiorno.
Al primo gennaio 2022 in Italia, sempre secondo i dati Istat si contano 230.373 cittadini ucraini (a fronte di 5 milioni di stranieri residenti) con regolare permesso di soggiorno, la maggior parte (81,2 per cento) con un documento di lungo periodo. A questi si aggiungono quelli che nel tempo hanno acquisito la cittadinanza italiana. Al primo gennaio 2021 sono in tutto 28.422.
Le donne rappresentano il 79 per cento delle soggiornanti. La presenza ucraina è storicamente concentrata in alcune aree del paese in Lombardia e Lazio, ma anche in Emilia Romagna e Campania.
Questa pregressa e stabile presenza spiega anche l’effetto di attrazione esercitato dal nostro e sui profughi in fuga dall’Ucraina dopo lo scoppio del conflitto con la Russia.
Le domande si sono distribuite in modo equilibrato sul territorio: il 28,2 per cento nel Nord-ovest, il 25,9 nel Nord-est, il 20,7 al Centro e il 25,2 nel Mezzogiorno, ricalcando sostanzialmente la geografia della presenza ucraina stabilizzata. In altre parole, nella maggior parte dei casi sembra che i profughi abbiano raggiunto amici e parenti già in Italia da tempo, consolidando comunità storiche.
In Sardegna il numero dei cittadini ucraini ospitati è di poco superiore alle 2500 unità.
E in Europa?
La Polonia ha concesso il maggior numero di profughi in fuga dall’Ucraina. Sono 53.545 le domande di status di protezione temporanea accolte a seguito dell’invasione russa. La Polonia è stata seguita da Germania (51.980), Romania (9.715), Spagna (5745) e Irlanda (4925).
Il 30 settembre 2022, e tra i paesi per i quali sono disponibili dati, la Polonia ha segnalato il numero più alto di beneficiari ucraini di protezione temporanea con un totale di 1,4 milioni, seguita da Germania (813 725 beneficiari ucraini), Spagna (145 825) e Bulgaria (134 790).
In Italia l’ultimo dato disponibile di Eurostat è relativo ad agosto ed era relativo a 11mila profughi accolti. Secondo il ministero dell’Interno sono 150.791 le persone in fuga dal conflitto in Ucraina giunte fino a oggi in Italia, 143.405 delle quali alla frontiera e 7.386 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Sul totale, 79.945 sono donne, 24.063 uomini e 46.783 minori. Le città di destinazione dichiarate all’ingresso in Italia continuano ad essere Milano, Roma, Napoli e Bologna. Nelle nostre piccole realtà, che avrebbero potuto ospitare e avevano dato disponibilità all’accoglienza, sono arrivati in pochissimi. Eppure i profughi dall'Ucraina venivano considerati in maniera diametralmente diversa dai profughi dei paesi africani in fuga dalla guerra. Per loro le braccia non si sono mai aperte.