Nelson Mandela diceva che “l’istruzione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo”: per Nicolò Govoni queste non sono solo parole, ma la missione della sua vita.

Nel 2018 Nicolò aveva solo venticinque anni e si trovava come volontario nel campo profughi di Samos, in Grecia. Qui, ispirato dalle condizioni disumane dell’hotspot, ha fondato Still I Rise (insieme ad altre due volontarie sul campo, Giulia Cicoli e Sarah Ruzek, e a sette soci fondatori in Italia): si tratta di un’organizzazione no profit il cui scopo è garantire un’istruzione di qualità ai bambini profughi e vulnerabili del mondo, in modo da emanciparli e creare una nuova classe dirigente che possa riscrivere il nostro futuro. Utilizzando un approccio critico e creativo al cui centro c’è lo studente, Still I Rise vuole creare una società in cui si abbiano progresso e giustizia sociale.

In pochi anni sono state aperte scuole tra Grecia, Siria, Kenya, Repubblica Democratica del Congo, Yemen, Colombia e India. Still I Rise è la prima no-profit al mondo a offrire gratuitamente il percorso di studi di International Baccalaureate ai profughi e nel 2020 Nicolò Govoni, oggi CEO dell’organizzazione, è stato candidato al premio Nobel per la pace. Still I Rise è completamente indipendente grazie alle donazioni private e non riceve finanziamenti da parte di governi, Unione Europea e organismi sovranazionali.

Nicolò Govoni ha avuto in questi anni il tempo di riflettere sulla scuola: quella italiana ritiene che vada smantellata e ricostruita da zero.

Non critica le singole scuole o i singoli insegnanti, ma il sistema: “un sistema che, anziché valorizzare l’innovazione, la creatività e l’amore per la professione, nel migliore dei casi li ignora, e nel peggiore li penalizza, li sminuisce e li svilisce”. La scuola italiana, per Govoni, fallisce sia riguardo al benessere mentale, sia all’inclusione e alle preparazione degli studenti. Dati alla mano, scrive Govoni nel suo sito, la scuola italiana è infelice, impopolare, insalubre, stressante e insoddisfacente ed è, quindi, un rischio per la salute mentale di studenti e insegnanti: solo il 26% delle ragazze e il 17% dei ragazzi si dice contento di andare a scuola, contro una media europea del 56%. (Fonte: OCSE). Riguardo all’inclusione, invece, dimostra di essere ancora classista, discriminatoria e iniqua, se pensiamo che, un dato su tutti, il 32,5% - uno su tre - degli studenti stranieri non completa il percorso di studi, contro una media europea del 22,2%. (Fonte: MIUR)

Le scuole di Still I Rise, invece, hanno un altro approccio didattico fondato sull’empatia: la scuola come un luogo di protezione, di ascolto, di vera accoglienza. In questo luogo vengono coltivati tredici valori: Ambizione, Coraggio, Cura, Trasparenza, Curiosità, Conoscenza, Comunicazione, Pensiero critico, Apertura mentale, Integrità, Capacità di correre rischi, Equilibrio e Riflessione.

Al centro di tutto c’è lo studente, che grazie a questi valori può autodeterminarsi. L’insegnante è il suo mentore e deve avere empatia e passione: il reclutamento dei docenti, infatti, non avviene solo controllando il curriculum, bensì anche con test e prove che dimostrino il possesso delle soft skill, le capacità interpersonali. Le lezioni, poi, non sono mai frontali e si insegnano concetti, non contenuti. Gli edifici sono belli e hanno al centro la sala comune, uno spazio ampio e luminoso, perché la bellezza aiuta l’apprendimento e la scuola deve essere vista dagli alunni non come un luogo da cui scappare, ma come la propria casa.

Insomma, per Govoni, e il suo team di cento persone sparse per il mondo, la scuola deve liberare e non imprigionare.

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