Armi da fuoco più letali degli incidenti automobilistici e della droga per i giovani sino ai 19 anni. Dal 2017, cioè da quando è avvenuto il sorpasso in questa singolare quanto drammatica gara, gli Stati Uniti sono costretti a un tragico conteggio che resta, però, solo come mero dato statistico. Già, perché nonostante l’apparente contrizione dei politici democratici e l’atteggiamento di sufficienza di quelli repubblicani (i più foraggiati dalla National Rifle Association (Nra), la grande lobby dei produttori di armi), nessuno lavora realmente per trovare una soluzione se non per eliminare, almeno per ridurre gli effetti devastanti del problema. Nel 2020, giusto per capire la portata del fenomeno, i morti a causa dei proiettili di pistole e fucili automatici sono stati più di 45mila, di questi oltre 10mila erano giovanissimi. Il dato: negli States ci sono 393 milioni di armi detenute regolarmente, molte di più rispetto agli abitanti (330 milioni).

«Quante pistole servono per farci sentire tutti al sicuro? Quanti americani devono ancora morire prima che si abbandonino questi pericolosi giocattoli?», si chiede il grande scrittore Stephen King nel suo libro “Guns, contro le armi”. Difficile rispondere, considerato che che il secondo emendamento (che garantisce il diritto a possedere un’arma) della Costituzione degli Stati Uniti è praticamente intoccabile, nonostante sia stato scritto nella Carta all’epoca delle colonizzazioni inglesi e spagnole, King illustra delle proposte dettate dal buon senso: controllo completo e generale dei precedenti, che ora non viene fatto, divieto di vendita di caricatori con capacità superiori a 10 colpi e delle armi d’assalto. Sarebbero misure ragionevoli ma impossibili da attuare in un Paese dove le pressioni della Nra sul Congresso sono talmente forti da sconsigliare qualsivoglia tentativo di ridurre il loro fatturato.

E mentre il dibattito negli States infuria solo all’indomani di ogni strage, e giusto per qualche giorno, la situazione rimane la stessa. Dopo il massacro di Uvalde in Texas, 19 bambini e due insegnanti uccisi da un ragazzo di 18 anni, l’ex presidente Donald Trump ha partecipato alla festa annuale della Nra, a Houston, pochi chilometri dal luogo della tragedia, ed è arrivato a proporre di armare i docenti, naturalmente addestrati in maniera adeguata, così da essere in grado di difendere la scuola dagli attacchi di qualche “pazzo”. Il termine “pazzo” è la definizione più usata dai repubblicani perché, in sostanza, spiega e giustifica ogni azione criminale. Nessuno che rifletta sul fatto che se non fosse estremamente semplice entrare in possesso di qualsiasi arma, fucili mitragliatori compresi, è probabile che si conterebbero meno morti.

Ma l’America è anche questa. Con la gran parte delle armerie distribuite lungo i confini con il Messico dove da anni si combatte una sanguinosa guerra per il controllo del traffico di droga. I piccoli eserciti organizzati dai Cartelli di Sinaloa, di Jalisco Nueva Generation, Los Zetas e altri ancora, usano armi, anche pesanti, prodotte in Usa. E si parla di milioni di strumenti di morte che varcano piuttosto facilmente il Rio Grande e finiscono nelle mani dei criminali messicani. Però, l’amministrazione statunitense continua a spendere miliardi di dollari l’anno per la lotta alla droga ben sapendo che mai riuscirà a vincerla. Quella marea di denaro, tra corruzione e dotazioni all’esercito messicano, ha dimostrato finora di servire solo ad aumentare a dismisura il giro di affari della National Rifle Association e contestualmente la quantità di sostanze stupefacenti immesse negli Usa (il maggiore consumatore di droga al mondo) dal Messico.

Nel frattempo, altro dato su cui riflettere, cinque città americane si ritrovano fra le prime 50 al mondo per numero di omicidi: St. Louis, (Missouri), Baltimora (Maryland), Detroit (Michigan), New Orleans (Louisiana), Chicago (Illinois). Nella lista sono in compagnia di Los Cabos, Tijuana, Acapulco, Culiacan (tutte in Messico e non le sole), Caracas (Venezuela), Città del Capo (Sudafrica), Fortaleza e Belem (Brasile) e altri grossi agglomerati urbani del Sudamerica. Le 45mila e passa vittime annuali di omicidi negli Usa (roba da Far West), facendo un semplice confronto sulla base della popolazione, corrisponderebbero a 7mila morti in Italia, ovvero 20 al giorno, tutti i giorni. E nel nostro Paese questo numero non è mai stato sfiorato, nemmeno durante la mattanza messa in atto da Totò Riina e i corleonesi tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli Ottanta. Solo per sottolinearlo.

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