Vuoi una mostra d’arte contemporanea che sorprenda e offra spunti di riflessione? Pronta. Vuoi concerti jazz di raffinate sonorità e musica italiana d’autore di altissimo spessore? Eccoli. E non possono mancare gli incontri e i dialoghi con giornalisti internazionali e proiezioni di pellicole su argomenti attuali. In una parola Dromos. Il festival che in Sardegna ormai da decenni costella l’estate di eventi via via più preziosi. Qualche nome? Hiromi e Jan Garbarek, tanto per gradire. E ancora Roberto Fonseca e Goran Bregovic.

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E la musica italiana d’autore? Fiorella Mannoia e Francesco De Gregori che hanno infiammato gli spettatori, rispettivamente a Tharros e a Cabras: le loro voci sembrano non subire il trascorrere del tempo, anzi si sono affinate. E per il concerto di De Gregori, con duemila posti a sedere, gli organizzatori hanno avuto oltre 1300 richieste rimaste insoddisfatte. Un elemento che premia il lavoro svolto dall’organizzazione guidata dall’infaticabile patron Salvatore Corona. E allora ecco il filo rosso che lega tutti gli appuntamenti.

“In un mondo che sembra impazzito, segnato dalla velocità e dall’ampollosità ingannevole del villaggio global” spiega Chiara Schirru, curatrice della mostra ospitata al Foro Boario di Oristano, “crescono le disuguaglianze e matura l’ostilità verso l’Altro, dove ancora trovano spazio concetti stantii e pericolosi come integralismo, purezza della razza e scontro tra civiltà, matura per l’umanità un urgente bisogno di cambiamento. Ma se da un lato si amplifica la paura del diverso e si rafforzano sentimenti identitari che dispongono a un rapporto oppositivo rispetto a chi viene percepito dissimile, facendo apparire negativi concetti come meticciato e ibridazione, dall’altro si assiste alla creazione di parole di grande valore culturale come interconnessione e transculturazione, che si impongono come chiave ermeneutica e teologica per una nuova etica del cambiamento. Emerge, in particolare, il concetto di métissage foriero di molteplicità e di incommensurabili mutazioni generate dall’incontro con il ‘diverso’ e orientato verso la progettazione di una civiltà alternativa, fondata sulla pace e sulla relazione tra culture”.

Il Festival Dromos è un festival territoriale diffuso organizzato in Sardegna dall’Associazione Culturale Dromos, nata nel 1999 da un’idea del direttore artistico Salvatore Corona, da anni impegnato nel settore degli spettacoli musicali.

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“Si è caratterizzato, da subito, per la presenza di artisti di livello internazionale, nazionale e regionale, in una pluralità di generi musicali e artistici calibrati al fine di ottenere un’efficace sintesi tra dimensione globale e locale” spiega Salvatore Corona, “una lettura trasversale delle istanze culturali, sociali, politiche ed economiche della realtà contemporanea attorno a un tema portante sempre differente, per un evento territoriale senza confini geografici e senza steccati tra generi e generazioni.Organizziamo concerti, mostre, incontri con artisti, musicisti e scrittori. Parliamo di cultura. Raccontiamo le persone e le loro storie. Tutto ciò all’interno di luoghi splendidi e affascinanti alla riscoperta di una Sardegna più autentica e meno cartolinesca. Costruiamo ponti tra culture e arti diverse, impregnati di meticciato, con la complicità e il supporto di territori resilienti e inclusivi, ricchi di tradizioni, storia e bellezze naturalistiche molti dei quali a rischio spopolamento”.

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Queste poche parole racchiudono l’obiettivo del festival, che ha attivato da ventiquattro anni un progetto ambizioso di ripopolamento culturale grazie ad un cuore verde pulsante, che batte a ritmo di jazz.

“Il futuro si presenta incerto anche se riserva, anche grandi opportunità e ogni individuo è chiamato a decidere se piegarsi agli eventi o ascoltare quell’esortazione all’azione, “quel YOU CAN generato dalla parte più profonda e sapiente del nostro sentire, che spinge verso una visione dell’uomo e del mondo unitario e omnicomprensivo, capace di oltrepassare ogni frammentazione, ogni confine fisico, mentale e culturale” ricorda Chiara Schirru.

E se si opta per la vita malgrado tutto, allora meglio pensare globalmente e agire localmente, come suggerisce Ervin László, filosofo e scienziato, che alla costruzione dell’uomo artefice di una nuova coscienza planetaria ha dedicato l’esistenza intera. ‘Azione locale’ che non lascia scampo all’inattività e all’indifferenza, che ci fa ritrovare il senso di responsabilità e comunione necessari per innescare quel cambiamento che conduce sulla strada dell’incontro, della sopravvivenza e della pace, che inizia, per prima cosa, da noi stessi e dallo spazio che ci circonda”.

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