Sangue, dolore e lutti in Libano: l'allarme di salesiani e organizzazioni umanitarie
I figli di don Bosco dalla terra dei cedri: «Qui è molto peggio di quanto si racconta». Amnesty chiede un’indagine su IsraeleGli attacchi di Israele contro Hezbollah continuano a mietere vittime civili in Libano. Ne sono certe le associazioni umanitarie e le congregazioni religiose che operano sugli scenari di guerra e hanno a cuore la sorte della popolazione inerme, in una terra che ha patito più di altre le conseguenze di sanguinosi conflitti passati. La comunità internazionale si interroga, mentre si moltiplicano le critiche e lo sdegno nei confronti dell’amministrazione di Benjamin Netanyahu, invisa agli osservatori più sensibili. Mal sopporta il primo ministro israeliano le crescenti contestazioni da parte delle Nazioni unite, di fronte alla cui assemblea generale ha manifestato un atteggiamento quantomeno irriguardoso.
Pesantissima la denuncia di Amnesty International. L’organizzazione che si batte per il rispetto dei diritti umani ha sollecitato un’indagine sugli attacchi mortali condotti in Libano tramite dispositivi portatili. «Nel caso in cui venisse accertata la responsabilità di Israele», si legge in un comunicato di Amnesty, questi attacchi si inserirebbero nel contesto di un conflitto armato già in corso. Le prove indicano che coloro che hanno pianificato e compiuto gli attacchi non erano in grado di verificare chi, nelle immediate vicinanze dei dispositivi, sarebbe stato colpito al momento dell’esplosione, né se solo i combattenti avessero in dotazione i dispositivi in questione. Di conseguenza, gli attacchi sono stati perpetrati in modo indiscriminato, il che li renderebbe illegali secondo il diritto internazionale umanitario e quindi perseguibili come crimini di guerra. Inoltre, questi attacchi hanno violato il diritto alla vita, tutelato dal diritto internazionale dei diritti umani, che resta in vigore anche in situazioni di conflitto armato, e probabilmente anche altri diritti umani, a seconda delle conseguenze specifiche che hanno avuto sulla popolazione libanese e sulla loro vita quotidiana».
La situazione si è aggravata dopo il recente raid israeliano che ha portato all’uccisione di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah. Tuttavia molto di ciò che accade in Libano, secondo chi nella terra dei cedri vive da vicino e tocca con mano la sofferenza, il dolore e i lutti, è sconosciuto all’opinione pubblica internazionale. Lo fa intendere in un messaggio vocale inviato ai confratelli l’ispettore salesiano per il Medioriente don Simon Zakerian.
Quarantasei anni, siriano, nominato di recente come successore di don Alejandro León, il sacerdote li ha ringraziati per la fratellanza manifestata in questi gironi difficili. «La situazione è delicata – ha detto don Zakerian – ci sono tante vittime, nella realtà molte più di quelle di cui parlano i mass media. Tanti i feriti negli ospedali e tanti sfollati».
Il bilancio è tutto in una nota aggiornata all’ultima settimana di settembre. «I bombardamenti israeliani a Dahyeh, il quartiere sciita a sud di Beirut, nei distretti meridionali del paese nei villaggi al confine con Israele e nella valle della Baqa’ – comunicano i salesiani – hanno provocato più di 1000 morti e 6000 feriti, inclusi centinaia di donne e bambini. Circa un milione di sfollati ha abbandonato le proprie case e le proprie vite formando lunghissime code in direzione dei distretti settentrionali del paese, per ora parzialmente risparmiati dai bombardamenti, dove si trovano anche le nostre presenze salesiane. Migliaia di libanesi e rifugiati siriani, già fuggiti da conflitti e terremoto negli scorsi anni, sono scappati in Siria per sfuggire alla devastazione della guerra, attualmente ritenuta più sicura».
L’impegno della comunità religiosa è costante. «Come Salesiani di don Bosco ci siamo immediatamente mossi per essere vicini alla popolazione libanese, Infatti, già la scorsa settimana la casa di El-Hossun, dove ci troviamo, ha accolto 100 sfollati, inclusi 40 bambini, provenienti dai villaggi bombardati nel sud del Libano e dal quartiere di Dahyeh. I nostri pensieri sono naturalmente rivolti ai nostri collaboratori laici ed alle centinaia di giovani libanesi, rifugiati iracheni e siriani che frequentano la scuola Don Bosco Technique, la Scuola degli Angeli della Pace ed i tre oratori proposti dalla comunità. La nostra intenzione è di intervenire nel minor tempo possibile per fornire prima accoglienza, supporto piscologico e qualsiasi altra cosa sia necessaria, nei limiti delle nostre capacità».
Il contesto è difficilissimo, le difficoltà da affrontare sono immani. «In questo momento – proseguono i salesiani – esprimiamo gratitudine al Signore di poter essere vicini alla comunità in Libano, al nuovo Direttore ed ex Ispettore Mario Murru, al Vicario Luciano Buratti, all’ex Ispettore Vittorio Pozzo e all’incaricato per la Pastorale Giovanile Edwar Gobran. Lo scorso venerdì tutta la comunità e decine di laici si sono riuniti presso la nostra chiesa ad El-Hossun per la prima di tante veglie di preghiera affinché questa tragedia possa avere fine il prima possibile. Ci auguriamo che possa esserci una tregua immediata e che i giovani possano tornare nelle classi già il 14 ottobre come previsto dal governo libanese».
I salesiani e i giovani che frequentano la comunità sono in buone condizioni di salute «ma in una situazione che psicologica pesante». I più anziani di loro hanno sofferto sulla propria pelle «quindici anni di guerra, dal 75 al 90, e poi un costante clima di guerra fredda». I figli di don Bosco conoscono bene la situazione, non soltanto del Libano ma di tutto il contesto di guerra mediorientale. La loro ispettoria nella regione conta 15 presenze, delle quali 5 in Terra Santa, 3 in Egitto, 2 in Libano e 3 in Siria. Impegno costante dei religiosi e dei cooperatori, massima attenzione ai ragazzi e agli sfortunati secondo l’insegnamento di don Bosco e del suo successore don Michele Rua che fondò l’ispettoria del Medio Oriente nei primi anni del secolo scorso.
Anche l’Unicef ha lanciato una campagna a favore della popolazione libanese. «Il conflitto in Medioriente – osserva l’associazione si sta ampliando e la situazione in Libano è peggiorata: le violenze sono degenerate in bombardamenti devastanti che hanno già ucciso decine e decine di bambini. Migliaia di famiglie hanno abbandonato le proprie abitazioni e sono in fuga, alla ricerca di un riparo sicuro. Molti volontari sono già sul impegnandosi al massimo per garantire cibo, acqua e un rifugio agli sfollati ma tutto ciò rischia di non bastare senza un concreto aiuto. «Le nostre risorse – scrive l’Unicef lanciando un appello per le donazioni - sono state subito impiegate, ma servono più fondi per continuare a inviare gli aiuti umanitari e rispondere alle urgenti necessità dei bambini e delle loro famiglie».