Gigi Riva ha sempre avuto una parola buona per tutti. Anche quando ha dovuto dire no: forse è l’unico Italiano (la I maiuscola non è casuale) ad aver negato alla Juve, nella persona dell’avvocato Giovanni Agnelli, le sue prestazioni; ma anche a Silvio Berlusconi la sua candidatura per le Regionali del 2006. Ma il rapporto con gli sportivi che ha incrociato nella sua carriera da team manager della Nazionale è stato sempre paterno. Tutti hanno sempre elogiato la figura dell’uomo, sempre in grado di dire la parola giusta al momento giusto.

Per Gigi Buffon, con cui c’era particolare empatia, Riva ha esultato quando è stato nominato nel ruolo che lui ricoprì per vent’anni in Nazionale. Ironia della sorte: l’ultima partita giocata da Buffon tra i professionisti è stata, negli ultimi playoff di Serie B, Cagliari-Parma, alla Domus. Nella città di Gigi Riva. La leggenda azzurra e della Juve uscì alla fine del primo tempo, dopo aver parato l’ultimo tiro della sua carriera (di Marco Mancosu, su punizione) quando ancora i rossoblù non avevano completato una delle rimonte più avvincenti della loro storia, portandosi sul 3-2 dallo 0-2. Riva non ha visto in diretta né quella né le altre partite del suo Cagliari: «Soffro come se fossi ancora in campo», diceva.

Le chiacchierate con Buffon da un lato, il rapporto con Roberto Baggio, uno dei giocatori di maggiore talento mai prodotti dal calcio italiano, dall'altro. L’abbraccio quasi protettivo di Pasadena, dopo il rigore sbagliato con il Brasile nella finale mondiale del 1994, è il simbolo di un rapporto diventato con il tempo fortissimo. Grande simpatia – mai negata – Riva nutriva anche per Cassano. Poco più di un anno fa ha definito «un bravo ragazzo» anche Balotelli, nonostante qualche dichiarazione talvolta sopra le righe da parte dell’ex centravanti del Brescia. La venerazione che ancora oggi ha per lui Gianfranco Zola, altro grande sardo del pallone, dice tutto del Mito. Figura centrale anche per Nicolò Barella, che tenne a battesimo nella sua scuola calcio, e per tanti altri sportivi e non.

Dei rapporti di amicizia con i giocatori della sua epoca si è scritto tanto. Qualcuno ha fantasticato su una presunta inimicizia fuori dal campo con Roberto Boninsegna, smentita da entrambi. Con Albertosi, Domenghini, Greatti e tutti i Campioni d’Italia del 1970 i rapporti erano fraterni. E lo definisce ancor oggi un fratello maggiore Franco Selvaggi, che Riva scoprì a Taranto e che a Cagliari lanciò nel calcio dei grandi. Tutti, da Tardelli a De Sisti (presenti ai funerali), da Dino Zoff a Ivano Bordon, da Beppe Bergomi a Ottavio Bianchi, per citarne alcuni, hanno ricordato la grandezza del campione e dell’uomo. Capace anche di perdonare il suo “giustiziere”. Nel 1970, con lo scudetto cucito sul petto, il Cagliari viaggiava veloce verso la vittoria del secondo tricolore. Eppure accadde l’imprevedibile. Gigi Riva, che nel frattempo con il suo Cagliari aveva sbancato anche San Siro, battendo per 3-1 l’Inter, incrocia Norbert Hof nella sfida contro l’Austria al Prater. E molto, per Riva e per le sorti del Cagliari, finisce quel giorno. Era il 31 ottobre del 1970, in occasione di un match di qualificazione agli Europei. Un intervento scorretto del mediano austriaco provocò la rottura del perone destro di Rombo di Tuono, causando anche il distacco dei tendini della caviglia. Da quel momento Hof fu ribattezzato “Il boia del Prater”, perché tolse Riva alla Nazionale e soprattutto al Cagliari, che vide svanire la possibilità di un cammino vincente in campionato e in Coppa dei Campioni, incidendo in modo decisamente pesante sul resto della carriera del bomber rossoblù, già colpito, nel 1967, dalla rottura del perone della gamba destra dopo uno scontro con il portiere portoghese Americo. Si narra che Hof intervenne con violenza per vendetta (anche se il giocatore parlò di tragica fatalità), per via di un pugno al volto ricevuto in occasione della sfida Cagliari-Wiener di Mitropa Cup qualche tempo prima. Nella partita di ritorno tra Italia e Austria, all’Olimpico di Roma, il 20 novembre del 1971, ci fu una calorosa stretta di mano tra i due che Riva gradì molto, anche perché pare non avesse mai creduto all’ipotesi di una vendetta, ma che non compensò il dolore per un infortunio che scombinò tutti piani. Hof è morto nel 2020 e, qualche tempo dopo, intervistato da L’Unione Sarda, ottenne il perdono definitivo di Gigi Riva: «Nel calcio, in campo, ci sta tutto, nel bene e nel male». In fondo Gigi Riva era questo: un campione di umiltà. Anche davanti a un danno evidente per la sua carriera di giocatore. Ma chissà dove sarebbe arrivato il Cagliari senza quell’entrata assassina.

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