Grandi tele, colori accesi, pennellate ampie, figure immerse in un’atmosfera rarefatta. E poi la luce del sole radente, quella che aveva colto nel suo lungo soggiorno ad Atzara. È la pittura di Richard Scheurlen, artista impressionista tedesco dalla vita avventurosa, approdato in Sardegna negli anni Trenta quando questo piccolo paese del Mandrolisai era già residenza artistica di pittori costumbristi spagnoli come Antonio Ortiz e Eduardo Chicharro e di altri grandi maestri sardi come Giuseppe Biasi, Carmelo Floris, Stasis Dessy, Antonio Delitala e Filippo Figari. Fu proprio Figari a Positano, nel 1936, a scoprire le eccellenti doti artistiche del pittore tedesco, nato a Stoccarda nel 1890 e morto nel 1974, uomo di grande cultura, pieno di interessi, erede di una famiglia nobile e importante, già comandante degli U-boat della Marina tedesca durante la prima guerra mondiale.

Atzara, dove era ospite della famiglia Demurtas, lo estasiò a tal punto da rimanerci per molti anni. Ci arrivò, su invito di Figari, con la curiosità del viaggiatore che amava scoprire il mondo. Di quel posto sperduto e lontano lo sedussero la bellezza del paesaggio e la luce del pomeriggio che gli veniva da paragonare solo a quella che i suoi occhi avevano colto nell’isola di Ceylon. Per la sua arte in plein air era irrinunciabile.

Luci e immagini della sua Sardegna rivivono ora in una mostra allestita nel museo d’arte moderna Ortiz di Atzara che rende merito al pittore tedesco rimasto ai margini delle ribalte sebbene Antonio Corriga, artista nato qui nel 1923 e morto a Oristano nel 2011, lo abbia considerato il suo più grande maestro. Allora Corriga studiava all’Accademia di Sassari diretta da Figari e rimase molto impressionato dallo stile di Scheurlen. Il rapporto tra i due andò avanti per molto tempo, tanto che il nipote di Scheurlen, l’attore Ulrich Tukur, nel 1982, quando era ancora studente, sbarcò in Sardegna sulle tracce del nonno e trovò accoglienza nella casa di Corriga, a Oristano, di cui allora conosceva solo il nome.

Ulrich Tukur, attore tedesco e nipote dell'artista, davanti all'autoritratto del nonno
Ulrich Tukur, attore tedesco e nipote dell'artista, davanti all'autoritratto del nonno
Ulrich Tukur, attore tedesco e nipote dell'artista, davanti all'autoritratto del nonno

«La Sardegna è sempre stata presente nella mia infanzia come un sogno, un’isola perduta, qualcosa di misterioso. C’era l’immagine di questo fantasma, il nonno, che aveva vissuto in un paese pieno di sole», ricorda ora il nipote-attore, arrivato ad Atzara il 25 luglio scorso per inaugurare la mostra “Richard Scheurlen, l’uomo e l’artista”, curata da Sabina Corriga e Antonello Carboni e organizzata dall’associazione culturale Antonio Corriga con il contributo del comune di Atzara e della Comunità montana Gennargentu Mandrolisai. Resterà aperta fino al 30 novembre.

Tukur è molto popolare in Germania: ha interpretato ruoli come il tenente colonnello Anton Grubitz in “Le vite degli altri”, Gibarian in “Solaris” al fianco di George Clooney, e ancora l’Helmut di “A torto o a ragione” in compagnia di Harvey Keitel. E poi “Seraphine” di Martin Provost, in cui ha il ruolo del protagonista Wilhelm Uhde al fianco di Yolande Moreau.

Ulrich Tukur con Sabina Corriga e Antonello Carboni
Ulrich Tukur con Sabina Corriga e Antonello Carboni
Ulrich Tukur con Sabina Corriga e Antonello Carboni

«La Sardegna per me è molto più di un’isola bellissima, è parte della storia della mia famiglia», sottolinea ancora Tukur che compare nel documentario di Antonello Carboni “Il pittore tedesco” con indosso costume tradizionale e berritta, proiettato in occasione dell’apertura della mostra: un’indagine svolta dal regista oristanese assieme a Sabina Corriga, tra testimonianze, vecchie foto e documenti, capaci di creare un ponte speciale tra la Sardegna e la Germania.

Lavandaie al fiume, una delle opere esposte
Lavandaie al fiume, una delle opere esposte
Lavandaie al fiume, una delle opere esposte

«Per me è stato un riferimento importante, la sua è una pittura che stimola un modo di rappresentare la fantasia in armonia spontanea, senza artifizi né strumenti approfonditi»: così Corriga ricordava il suo maestro. Non a caso, aveva cercato in tutti i modi di ritrovarlo e di avere notizie dopo che per molto tempo gli amici sardi lo davano per disperso. Si sapeva che nel 1942, una volta richiamato in guerra, Scheurlen era finito a Seneghe come esperto geografo militare. Poi più nulla.

Concluso il conflitto, Corriga riesce a rivolgersi a due parlamentari per capire che fine avesse fatto. Apprende che Scheurlen è vivo, è tornato a Stoccarda dopo essere stato rimpatriato alla fine del 1944 durante la ritirata dei tedeschi. L’amicizia può così rigenerarsi.

Negli anni Sessanta l’artista tedesco torna in Sardegna, stavolta a Oristano, ospite naturalmente di Corriga. Dipingono assieme: Corriga si lascia guidare dai consigli di Scheurlen, che si rivelano preziosi per raggiungere la sua maturità artistica. E lo accompagna ad Atzara dove Scheurlen rivede la famiglia di tzia Peppa Demurtas, di tzia Grazia Manca e don Efisio Serra. Persone che gli erano state care, come la luce dei tramonti che aveva cercato di riprodurre con i suoi pennelli nelle grandi tele ora ricomposte nel museo.

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