È una notte di tanti anni fa, al centralino della redazione arrivano un paio di telefonate: «È vero che è morto XY?». Il giovane cronista di “turno lungo”, in gergo chi gestisce le ultime notizie prima della partenza delle rotative, resta sorpreso ma deve trovare subito una soluzione. Non c’è un minuto da perdere: XY è un personaggio molto noto in Sardegna, una notizia del genere diventerebbe importantissima sull’edizione in edicola l’indomani. «Devo cercare, trovare conferme». Non è semplice, smartphone e social sono ancora da inventare, non esiste un flusso di informazioni diffuse come adesso. Una storia del genere dev’essere approfondita in tutti i modi, servono certezze granitiche prima di poter finire sul giornale. 

La ricerca delle conferme

«Telefona a tutti gli ospedali», il primo suggerimento di un collega con più di vent'anni di carriera alle spalle. La risposta del più giovane arriva dopo qualche minuto: «Dagli ospedali non ci sono conferme, nessuno sa nulla». Non basta, la storia è troppo importante e resta pochissimo tempo per fare chiarezza: «Continua a cercare, prova con polizia e carabinieri». A rendere ancora più credibili le indiscrezioni arriva in redazione la chiamata di una collega che ha appena ricevuto la stessa informazione: «Mi hanno detto che è morto XY, ma io non ho conferme ufficiali». L’allerta diventa ancora più alta: è quasi l’una, ormai c’è pochissimo tempo per intervenire sul giornale. Ma non si può forzare: senza prove concrete, non è possibile scrivere nulla.

L’intuizione dell’ultimo minuto

«Avrà un numero di casa, cerchiamolo», la proposta che il collega più anziano lancia al compagno di lavoro. «Abbiamo i minuti contati». Per fortuna il numero è a portata di mano, nei primi anni Novanta l’agenda cartacea di ogni giornalista è fitta di numeri, rigorosamente fissi, visto che i cellulari in circolazione si contano ancora sulle dita di una mano, massimo di due. Nel cuore della notte il telefono squilla a lungo, alla fine qualcuno risponde. «Pronto, casa Y?». Dall’altra parte arriva la conferma. «Buonasera signora, sono un giornalista, etc etc. C’è suo marito?», rilancia il cronista più attempato con una disinvoltura glaciale. Anche se è l’una di notte. C’è qualche attimo di suspense, la donna pretende - è comprensibile - di capire il perché di quella strana chiamata. Ma alla fine cede e dà l’informazione più importante: «Sta dormendo». Il cronista tappa la cornetta e guarda verso il giovane “nerista”: «È vivo», dice con un sorriso di sollievo. «Mandiamo in stampa, non c’è nessuna notizia».

Dialogo surreale

Resta però in piedi la conversazione: «Me lo può passare, per favore?», la richiesta all’assonnata signora per uscire dall’imbarazzo, provando a dare un senso credibile alla telefonata. «Sa, abbiamo una notizia importante e vorremmo il suo autorevole commento». Il collega a fianco arrossisce solo a sentire queste parole, anche perché intuisce la possibile risposta. Che arriva puntuale appena lui, il vivissimo XY, prende il telefono: «E mi chiama a quest’ora? Come si permette?», sibila l’interlocutore buttato giù dal letto. Ma i modi convincenti dell’esperto cronista riescono persino a tenere viva la conversazione: «Va bene, se preferisce rinviamo tutto a domani». Si spengono le luci in redazione, la morte mancata mette il buonumore: «Abbiamo risolto, è vivo e vegeto. La cronaca nera per una volta può attendere, andiamo a dormire col cuore più leggero».

L’epilogo di quella notte ha anche portato fortuna: la vita dell’inconsapevole XY si è allungata e pure di molto, arrivando addirittura quasi ad accarezzare i cent’anni.

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