Il sogno di una cosa. È il titolo suggestivo del romanzo scritto da Pier Paolo Pasolini nel 1962 che dà il nome a una interessante mostra a Bergamo. Si può visitare fino al 5 giugno nella Biblioteca civica Angelo Mai, nel cuore della città alta, a pochi passi dalla piazza Vecchia.

Il progetto si pone come obiettivo quello di raccontare, attraverso i libri della biblioteca Angelo Mai, lo scrittore, poeta e tanto altro ancora, nel centenario della nascita di un personaggio che ha segnato il panorama culturale italiano. I curatori della mostra, Marco Carobbio e Luca Guaschetti, hanno così ideato un percorso espositivo grazie alla selezione di volumi custoditi nella Biblioteca legati alla vicenda umana, critica e artistica di Pasolini. “Il ricordo di una voce centrale del panorama culturale italiano dialoga con le opere che nel corso dei decenni sono entrate a far parte della raccolta della Biblioteca” spiegano i curatori. “A partire da singoli tasselli librari questa mostra ricostruisce le soluzioni letterarie attraversate dall’autore in veste di poeta, narratore, critico, drammaturgo e cineasta, accomunate da una indiscussa fedeltà al potere della parola. A cominciare dalle testimonianze biografiche, l’allestimento si snoda fra le sperimentazioni artistiche di Pasolini, fino a un assaggio della vasta fortuna critica sorta attorno all’autore. Proseguendo nella saletta dei ritratti è possibile avvicinarsi al presente, fra le conquiste della filologia e alcune novità acquisite dalla Biblioteca in occasione di questo centenario. Per constatare la continuità di dialogo con uno scrittore che, a quasi 50 anni dalla morte, non ha esaurito la propria forza attrattiva e, per così dire, la propria missione”.

La mostra su Pasolini (foto Mocci)
La mostra su Pasolini (foto Mocci)
La mostra su Pasolini (foto Mocci)

E così la mostra consente al visitatore di percorrere la produzione poetica dell’autore nato a Bologna il 5 marzo 1922, a partire dalla fase giovanile raccolta ne La meglio gioventù e ne L’usignolo della chiesa cattolica. Per poi attraversare la produzione narrativa; a metà degli anni Cinquanta, infatti, Pasolini raggiunge piena fama letteraria con Ragazzi di vita, il romanzo che suscitò un fiume di contestazioni. Una decina d’anni dopo l’autore si dedica nuovamente a un romanzo ideato in gioventù, Il sogno di una cosa, appunto. Popolarità della quale Pasolini “ha continuato a godere nel tempo, tra opposti sentimenti” affermano i curatori della mostra. “Tra le pagine più note dell’attività giornalistica sono i numerosi articoli apparsi sul Corriere della Sera, quotidiano di riferimento per buona parte di quella società protagonista della mutazione collettiva di cui Pasolini denuncia compromessi e ipocrisie. La fine tremenda ha notevole risonanza sui rotocalchi e quotidiani del tempo. Nei mesi successivi scrittori e polemisti pongono interrogativi o tentano di riappacificarsi con il ricordo di un autore mai accomodante. Come ancora documentano lo scritto preparato per il congresso del partito Radicale di Firenze, tenuto proprio in quei primi giorni di novembre del 1975 e al quale Pasolini avrebbe dovuto prendere parte, o la brutalità di Salò e le 120 giornate di Sodoma, l’ultima pellicola girata, proclamata abiura della trilogia della vita”.

La mostra su Pasolini (foto Mocci)
La mostra su Pasolini (foto Mocci)
La mostra su Pasolini (foto Mocci)

Poeta, narratore e anche regista cinematografico. Pasolini ci ha lasciato una indimenticabile produzione, una ventina di opere, fra documentari, lungometraggi e episodi in film collettivi. Il Vangelo secondo Matteo, del 1964 dedicato al ricordo di Giovanni XXIII, Uccellacci e uccellini sono fra i film più noti. In mostra nell’atrio scamozziano anche la prima edizione de Il cinema di Pier Paolo Pasolini, di Adelio Ferrero uscita nel 1977: uno studio dedicato all’autore in veste di cineasta. Ancora, in esposizione il testo di Stephen Snyder, pubblicato negli Stati Uniti nel 1980 e composto da saggi che analizzano l’evoluzione della filmografia pasoliniana; volume del quale la Biblioteca Angelo Mai conserva l’unico esemplare registrato dal catalogo nazionale italiano.

L’iniziativa, che si avvale del progetto grafico di Kenza Moustajab, è stata voluta dal sindaco Giorgio Gori, l’assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti, il dirigente Massimo Chizzolini e naturalmente dalla responsabile della Biblioteca Maria Elisabetta Manca.

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