Una lingua di mescolanza che nel suono richiama il mare, lo scambio, l’incrocio di popoli. Perfetta per incontrare gli strumenti del Mediterraneo e fondersi con la musica. Un disco in genovese, nel 1984, andava contro tutte le regole del mercato ma questo, per Fabrizio de André, sempre e comunque in direzione ostinata e contraria, non è mai stato un ostacolo. Così esattamente quarant’anni fa – da uno dei più felici incontri della nostra musica, quello tra l’artista genovese e il compositore e polistrumentista Mauro Pagani - è nato Crêuza de mä, undicesimo album di De André, diventato una pietra miliare della discografia italiana. E non solo: David Byrne lo aveva definito in un’intervista a “Rolling stone” uno dei dieci album più importanti della scena musicale internazionale del decennio.

La world music

L’esplosione del fenomeno della world music su larga scala, del resto, arriverà solo un paio d’anni più tardi e a livello internazionale avrà il suo testimonial più famoso in Peter Gabriel con la sua associazione Womad. Di fatto Crêuza de mä anticipa di due anni “Graceland” di Paul Simon e di quattro “Passion” di Gabriel i due lavori discografici che portarono la musica dei popoli nel mercato discografico globale. «È stato spesso indicato come il primo disco italiano di world music, credo che a questo proposito sarebbe giusto e doveroso ricordare il lavoro di artisti che su questo sentiero ci hanno preceduti come la Nuova compagnia di Canto popolare , il Canzoniere del Lazio, gli Area, Musicanova, giusto per citarne alcuni», aveva detto Mauro Pagani: «Penso piuttosto che Crêuza de mä sia un bel racconto di avventure».

Fabrizio De André (Foto Archivio L'Unione sarda)
Fabrizio De André (Foto Archivio L'Unione sarda)

Fabrizio De André (Foto Archivio L'Unione sarda)

«Mauro Pagani e io volevamo fare qualcosa che incantasse gli altri a partire dalle musiche che avevano incantato noi», raccontò De André in un’intervista poco dopo l’uscita del disco – per chi vuole lasciarsi incantare Creuza è a disposizione. Siamo bambini, noi: abbiamo fatto una scelta da bambini innamorati pensando che ci fossero tanti altri bambini come noi pronti a stupirsi». 

Parole e suoni

La musica è il cuore di Crêuza de mä e inizialmente De André aveva pensato a una lingua immaginaria per poi tornare al genovese. «Ho usato la lingua del mare, - aveva spiegato - un esperanto commerciale con molte radici arabe e occitane che un tempo tutti, dal Bosforo a Gibilterra, capivano. Le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi». Crêuza in genovese è un viottolo, che solitamente delimita i confini tra proprietà, e porta dall’interno al mare ma nel disco è inteso anche come mulattiere del mare, le vie disegnate dalle correnti. Strade d’acqua per chi parte e chi torna e dove si intrecciano i destini dei popoli del Mediterraneo.

Mauro Pagani (Archivio L'Unione Sarda)
Mauro Pagani (Archivio L'Unione Sarda)

Mauro Pagani (Archivio L'Unione Sarda)

Il disco si apre con sonorità africane e mediorientali della gaida macedone, una sorta di cornamusa, strumento da pastori. Uno degli innumerevoli che suona Mauro Pagani in tutto il disco, il bouzouki, l’oud, il saz turco, la marimba, lo zerb. L’incipit del brano che dà il nome al disco simbolicamente lo racchiude nel racconto dei marinai dopo la pesca. Umbre de muri/muri de mainè/dunde ne vegnì/duve l’è ch’anè ombre di facce/facce di marinai/da dove venite/dov’è che andate. Nel ritornello l’unica parola non genovese è – lo svelò Pagani – il gallurese anda che molti hanno interpretato come un semplice suono. La chiusura con le voci del mercato di Genova che lasciano spazio alle altre storie. Jamin-a, sempre con sonorità turche e versi esplicitamente erotici, l’attualissima Sidùn (il pianto del padre per il bambino palestinese diventato grumo di sangue, orecchie e denti di latte), i personaggi della Repubblica genovese – come la Pittima – e spesso ricorrenti tra i popoli del Mediterraneo come Sinan Capudan Pascià, marinaio catturato dai turchi e diventato Pascià,  La dumenega quasi un sequel di Bocca di Rosa. Pe chiudere con la struggente D’ä mæ riva e la foto di una ragazza per poter baciare ancora Genova sulla tua bocca in naftalina.

Segno di rinascita

Il brano Crêuza de mä, nel 2020, 36 anni dopo l’uscita del disco, è stata scelta per accompagnare l’inaugurazione del ponte San Giorgio nato sulle ceneri del Morandi. Dori Ghezzi e Mauro Pagani hanno chiamato a raccolta 18 artisti da Mina a Vasco, da Francesco Guccini a Ivano Fossati, da Ornella Vanoni a Gianna Nannini senza scordare la tromba di Paolo Fresu e la voce di Cristiano De André, così simile a quella del padre. Un omaggio collettivo all’artista, alle vittime del crollo e al simbolo della rinascita di una città colpita al cuore. Città da cui partire e ritornare. “Finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere, fratello dei garofani e delle ragazze, padrone della corda marcia d’acqua e di sale che ci lega a ci porta in una mulattiera di mare”.

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