Peste suina, nella Penisola un disastro annunciato
Dal 15 settembre giro di vite nelle misure di controllo per evitare il tracollo del settoreLa peste suina dilaga nella Penisola. Sono oltre 60 mila ai capi abbattuti. La faccenda Oltretirreno è talmente seria che si pensa a misure drastiche. La Sardegna e alla finestra e c’è poco da stare allegri. La sorveglianza è aumentata ma la paura che il virus possa tornare è altissima. Intanto guardiamo con preoccupazione alla “Peste degli altri”. Un vero disastro.
Nella Penisola sono in arrivo restrizioni pesanti. Al 15 settembre le misure esistenti saranno rivalutate sulla base della situazione epidemiologica complessiva. "Regioni e Provincie autonome, sulla base di una valutazione del rischio, possono adottare ulteriori misure più restrittive" ovvero estenderle a territori di competenza anche se non interessati da zone di restrizione per Psa. Questo si legge nella nota con la quale nei giorni scorsi il commissario straordinario Giovanni Filippini (la mossa del Governo per mettere ordine) ha chiarito come sia in atto la massima attenzione contro il rischio diffusione ma dall'altra anche di applicare tutte le possibilità per permettere al comparto di continuare a lavorare".
Con alcune importanti novità per cercare di rimediare a quanto fatto finora.
Dalla fine di luglio era tornata la paura tra gli allevatori italiani per la Peste e a confermare i peggiori timori era arrivato il pesante verdetto della missione di esperti inviata dalla Ue per verificare la gestione della malattia da parte delle autorità italiane: "Le misure dell'Italia per controllare la peste suina sono insufficienti".
Gli esperti dell'Eu Veterinary Emergency Team della Commissione Ue avevano evidenziato nel loro report, elaborato dopo una verifica in Lombardia ed Emilia-Romagna, che "la strategia di controllo" della malattia "nel Nord Italia dev'essere migliorata". Serve un piano "comune" e "coordinato" per l'intera area, oltre a un "urgente piano B esteso per il controllo e l'eradicazione della malattia", perché avvertono: "l'epidemia sembra avanzare più velocemente delle misure" e "c'è da temere che si diffonda verso est e sud verso la Toscana". E poi, una lista delle diverse criticità: dal debole coordinamento tra le regioni alle "risorse limitate" per la sorveglianza, passando per "il supporto finanziario insufficiente e i problemi tecnici" che accompagnano la costruzione di recinzioni.
Il commissario Giovanni Filippini aveva subito assicurato come "la nuova struttura commissariale ha immediatamente dato continuità alle azioni sanitarie di controllo e gestione dell'emergenza. Allo stesso tempo è stata elaborata, anche alla luce delle raccomandazioni formulate in esito alla missione degli esperti della Commissione europea, una rimodulazione della strategia già condivisa con i Ministeri competenti e pronta ad essere trasmessa a Bruxelles". Ma l'emergenza è comunque tornata. Perché è una strategia che non funziona, denunciano le associazioni di settore che temono gravi ricadute economiche sul settore. "A due anni e mezzo dal primo caso di cinghiale infetto accertato in provincia di Alessandria il virus è arrivato e, soprattutto, è entrato prepotentemente negli allevamenti di suini - osserva Slow Food - i danni sono già enormi e la situazione è sul punto di degenerare, sia dal punto di vista sanitario, sia da quello economico. Negli ultimi mesi, circa cinquantamila maiali sono stati abbattuti nel nostro Paese e le loro carni distrutte.
Parliamo di decine di milioni di euro di risorse pubbliche".
Le misure restrittive in Sardegna le conosciamo bene. La differenza sostanziale è che nella Penisola non c’è il pascolo brado. I controlli avvengono negli allevamenti.
Ovviamente sono state regolate le movimentazioni anche in base alle deroghe Ue. In particolare per Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia per quanto riguarda le movimentazioni 'da vita' esclusivamente all'interno delle zone di protezione e sorveglianza (ma solo da un livello di rischio inferiore verso il livello di rischio maggiore o pari livello di rischio e quelle che riguardano le fasi produttive successive alla riproduzione), previa autorizzazione. Le misure riguardano poi le movimentazioni verso il macello e di altri mezzi di trasporto.
Prevista anche una serie di norme per le notifiche dei sospetti e dei focolai confermati, indagine epidemiologica e flusso dei campioni. Restano confermate le misure per gli allevamenti familiari che detengono suini, cinghiali o loro meticci destinati alla produzione di alimenti presenti nel territorio delle provincie in cui ricadono le zone di restrizione per i quali deve essere disposta la macellazione e il divieto di riproduzione e ripopolamento.