Con l’avanzare del secolo XIX va via via sgretolandosi l’unica identità della donna: quella di angelo del focolare che vive e si esprime all’interno degli spazi femminili legati alla casa, alla cura dei figli e della famiglia. Si scoprono la nubile, la lavoratrice, l’educatrice, l’emancipata, la combattente, l’idealista. Un salto indietro nel tempo per scoprire la Oristano dell’Ottocento, un periodo poco conosciuto in città. Basta visitare la mostra allestita nel teatro San Martino, aperta fino al 18 agosto, su iniziativa del Comune. In particolare, dell’archivista Ilaria Urgu che ha studiato numerosi documenti antichi e si è avvalsa di alcuni studiosi. “In particolare atti della vita della famiglia Spano”, spiega, “le donne di casa Spano sono protagoniste attive di questi cambiamenti sociali: ricordiamo Luigia, sposa dell’ammiraglio Tomaso Pilo, che risiedeva a Torino, ma che viaggiava dalla Penisola per seguire i beni della famiglia e una volta rimasta vedova sceglierà la vita monacale delle Sepolte vive. Laura che a 20 anni ancora celibe, mette al mondo Isnardo che morirà dopo solo un anno. Amalia che sarà una delle prime maestre delle scuole oristanesi; Marianna e Antonia le prime ad avviare la coltivazione del baco da seta. Diverse componenti della famiglia parteciparono alla raccolta dei fondi sia per il monumento di Eleonora d’Arborea, sia per gli aiuti ai soldati di Garibaldi. Testimonianze queste che provano come l’ambiente in cui vivevano le Spano fosse impregnato degli ideali di libertà e autonomia che porteranno all’affermazione della personalità”. Una iniziativa sostenuta dall’assessore alla Cultura Luca Faedda e dal sindaco Massimiliano Sanna.

“Il XIX secolo in Sardegna” spiega la studiosa oristanese Mariangela Carta, “è per la nobiltà un momento di radicale cambiamento. Era il 3 marzo del 1799, Carlo Emanuele IV di Savoia sbarca a Cagliari. Aveva abbandonato il Piemonte per sfuggire alle truppe di Napoleone Bonaparte. La presenza della famiglia reale nell’isola imprimeva nuovo vigore alla restaurazione e faceva guadagnare ai Savoia un nuovo consenso tra le élite sarde che si troveranno coinvolte nel governo e nella vita di corte. Tra il 1799 e il 1806 si vedono fiorire nell’isola numerose aziende agrarie i cui titolari sono prevalentemente nobili. Nella provincia di Oristano ne potremmo citare alcune: gli Aymerich a Laconi, i Sanna a Mogoro, i Carta, Corrias, Paderi e Spano a Oristano e hinterland, i Boyl a Milis. Un cambiamento significativo si verificherà il 6 ottobre del 1820 con l’editto “delle chiudende”, che concede a chiunque di chiudere i terreni di proprietà senza alcuna formalità, ove essi siano liberi da ogni servitù di pascolo, di abbeveratoio, in caso contrario, la chiusura può avvenire ugualmente, ma previa autorizzazione dell’intendente provinciale”.

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L’avvenire di Sardegna l’11 aprile del 1873 scrive: “Riguardo al teatro San Martino, l’opera di muratura è già incominciata ed il signor Salvi, nostro ingegnere civico, ritiene il suo compimento pel il mese prossimo. Il disegno è molto bello: è una specie di Politeama. L’opera si realizzò per iniziativa di alcuni stimati individui, che indifferenti non sono a quei passatempi e divertimenti, i quali oltre a creare un elemento di civile educazione per giovani, riescono ancora di ricreazione per avanzati di età. Tra gli stimati individui che vollero il teatro vi era Enrico Spano, che condivise il suo disegno culturale, insieme a i Loffredo, i Carta, i Busachi, i Tolu. Un testimone presente all’inaugurazione, avvenuta il 3 gennaio 1874, racconta che il teatro: è molto elegante, con due gallerie il cui parapetto bianco è filettato in oro. È a forma di ferro di cavallo e può contenere poco più di 500 spettatori. Gli scenari sono opera dell’egregio signor concittadino Ludovico Crespi. La prima opera rappresentata fu l’Ernani di Giuseppe Verdi, dove esordì il soprano Emma Gasparini”.

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Alcuni componenti della famiglia Spano si trasferirono nella Penisola: questo permise loro, afferma Ilaria Urgu, “di vivere gli eventi ideologici, culturali, politico - militari, economici e sociali che portarono a una Italia unitaria e indipendente. Le fotografie testimoniano che essi ebbero rapporti con personaggi che contribuirono alla nascita della nuova Nazione: la patriota Sara Levi Nathan lascia, dietro la foto di Mazzini, una dedica a Isnardo, figlio di Laura Spano: possa tu caro bambino comprendere e seguire i precetti di questo Grande. La patriota marchesa Paolina Ala Ponzoni da Parigi scrive a Laura manifestando il suo affetto e così la marchesa Anna Pallavicino Trivulzio, moglie del patriota Giorgio. Inoltre, Marianna e Antonietta e altre donne imparentate con la famiglia parteciparono alla raccolta fondi per aiutare i soldati garibaldini nel 1861. Un ambiente culturalmente aperto il loro, dove gli ideali di libertà, di indipendenza e di progresso facevano da padroni e che renderanno Laura e le altre donne”.

L’archivista Raffaele Cau Bua si sofferma sulle origini della famiglia, originaria di Milis “dove il cognome è attestato fin dalla seconda metà del XII secolo con le varianti grafiche Spanu / Spano / Espano / Ispano. Il primo personaggio noto della famiglia è il (mossen) benestante Quirico Spano che si sposò due volte, in prime nozze con Giovanna Pira e in seconde nozze con la signora Marchesa Caria. Suo figlio Giovanni Agostino Spano sposò, nel 1650, la milese Sofia Murro. La famiglia Spano ottenne il cavalierato e la nobiltà il 12 febbraio 1736, con Francesco che in seguito ricevette un incarico nell'ordine militare dei Santi Maurizio e Lazaro. Nel ‘700 la famiglia iniziò a rafforzare i suoi rapporti con alcune importanti casate oristanesi: don Antioco Ignazio si sposò due volte, nel 1730 con Donna Francesca Paderi e nel 1738 con Anna Maria Deroma. Don Agostino Spano sposò, nel 1779, l’oristanese Maria Antonia Paderi e suo figlio Paolo sposò Giuseppa Valentino di Tempio nel 1823. La famiglia proseguì la propria genia soprattutto in linea femminile creando saldi legami con i Serralutzu di Cuglieri con i Pilo di Sassari.”

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