In pochi ci avrebbero scommesso. Eppure quegli animali scampati alle fiamme, dopo tre mesi di cure e terapie, sono tornati nei boschi, nella loro casa naturale. Finalmente liberi ma in aree protette e monitorate. Sopravvissuti all’inferno del fuoco, cinghiali e cervi sono uno dei segnali di ripresa e speranza più forti che arriva dal Montiferru ma anche dai monti tra Usellus e Mogorella.

Il disastro

Era il 24 luglio scorso, un sabato di fortissimo scirocco e temperature africane. Condizioni ideali perché si scatenasse quello che nel giro di poche ore è diventato uno dei più grossi incendi degli ultimi anni, tale da devastare oltre 20 mila ettari di bosco, oliveti secolari e mettere in ginocchio aziende e comunità. E uccidere tanti, troppi animali: dai cani pastore a tantissimi esemplari di fauna selvatica. Ci sono stati però anche numerosi salvataggi grazie all’impegno dei veterinari, dei volontari, delle forze dell’ordine e dei servizi veterinari Assl. Un gioco di squadra che ha permesso interventi di recupero, salvataggi dei casi più disperati e che oggi permette di gioire ed emozionarsi davanti alla corsa di un cinghiale che ritorna nel suo habitat naturale.

Un cinghiale liberato (foto concessa)
Un cinghiale liberato (foto concessa)
Un cinghiale liberato (foto concessa)

Gli animali

Per settimane i soccorsi sono stati continui, ogni giorno arrivavano alla clinica veterinaria Duemari di Oristano, al centro di recupero di Bonassai e in altre strutture specializzate esemplari ustionati, feriti ma vivi. Cinghiali, volpi, cervi, daini, poiane e altri volatili: per loro si è messa in moto una immensa macchina di solidarietà e la professionalità di veterinari che non si sono risparmiati pur di alleviare il dolore delle ferite. Oltre ai selvatici anche pecore, gatti e cani pastore come il maremmano Angelo che, scampato miracolosamente al fuoco nelle campagne di Tresnuraghes dopo un iniziale miglioramento si è dovuto arrendere: sui social era diventato l’immagine del disastro.

Lussurgesa, la cerva soccorsa (foto concessa)
Lussurgesa, la cerva soccorsa (foto concessa)
Lussurgesa, la cerva soccorsa (foto concessa)

Tra i primi ad essere soccorsi una piccola cerva, con le zampine bruciate e il terrore negli occhi. Era stata ritrovata da un gruppo di cacciatori accanto al corpo della madre morta, sui monti di Santu Lussurgiu, qui il nome di Lussurgesa. Dopo di lei decine di altri animali selvatici (anche cuccioli di leprotti che nel rogo avevano perso la mamma). Solo nella clinica di Oristano sono arrivati oltre ottanta animali, solo due non ce l’hanno fatta. Per tutti gli altri, dopo intense giornate di assistenza, tre mesi di cure incessanti e medicazioni, si può scrivere il lieto fine. Ed ecco che Lussurgesa è tornata in forma: “Ricoverata all’aperto, segue una terapia di riabilitazione dei suoi moncherini con apposite laser-terapie per realizzare una proliferazione più coriacea possibile delle sue nuove suole” spiega Monica Pais che insieme al marito Paolo Briguglio dirige la clinica oristanese. Anche i cinghiali hanno superato il momento peggiore, tra loro una giovane femmina che era stata ritrovata da due ragazzini in un torrente dove cercava sollievo al dolore delle zampe carbonizzate. “Certamente non potranno mai più essere completamente liberi ma accolti in strutture idonee potranno tornare ad avere una vita soddisfacente. Ormai sono salvi”, aggiungono i veterinari. Due cinghiali sono tornati a casa proprio qualche giorno fa: portati sui monti, una volta aperta la gabbia sono corsi verso la vita. Staranno in uno spazio recintato, protetto e sempre monitorato.

una volpe soccorsa (foto concessa)
una volpe soccorsa (foto concessa)
una volpe soccorsa (foto concessa)

I problemi

Guariti dalle ferite, l’emergenza però non è finita: diversi animali selvatici hanno difficoltà a sfamarsi sui monti bruciati. La pioggia che inizia ad arrivare potrà essere una soluzione ma intanto si apre anche un’altra questione: la difficoltà a trovare cibo spinge molto animali ad avvicinarsi ai centri abitati e alle strade. Questo crea ulteriori problemi perché diventano un rischio per la sicurezza come è accaduto nei giorni scorsi quando a causa di un branco di cinghiali che vagava sulla 131 c’è stato un tamponamento a catena. Talvolta invece creano danni alle coltivazioni e alle aziende. L’appello di ambientalisti ma anche da associazioni di cacciatori è che riprenda al più presto il foraggiamento (anche con gli elicotteri che possono raggiungere le zone più impervie) per consentire a tutti gli animali di riprendersi la propria vita.

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