Un terribile incidente stradale avrebbe potuto spegnere vita, ispirazione, tutto. Ma Vittorio Menditto, la vittima, non si è rassegnato a un destino avverso. Ha lottato con tutte le sue forze e, auspici la tecnologia e un amico, è rimasto un artista a tutto tondo, capace di esprimere la sua creatività nonostante una gravissima menomazione fisica. Alla faccia della rassegnazione.

Veneto, 34 anni, nato sotto il segno del Cancro, è tetraplegico dal 2006 dopo uno schianto in moto. Ma grazie alla sua straordinaria volontà non si è arreso a un futuro da invalido. Attraverso uno speciale caschetto continua a essere in grado di dipingere, di esprimere la propria arte. Racconta tutto con serenità. E la sua è una lezione di vita.

Maestro, Lei può essere definito un artista resiliente, perché ha reagito a un gravissimo trauma esprimendo la sua creatività. Se non avesse avuto senso creativo ci sarebbe riuscito comunque? Intendo chiederLe: quanto lo ha aiutato in questo percorso, il suo essere artista?

«Ogni tanto mi faccio anch'io questa domanda e sinceramente penso proprio che se non avessi avuto questa propensione e senso artistico difficilmente avrei intrapreso questa strada. L'esperienza dell'incidente sicuramente è un qualcosa di traumatico che cambia profondamente la propria persona, nel mio caso sia fisicamente che psicologicamente. Se non avessi intrapreso il percorso artistico sarei stato obbligato a trovare una mansione molto comune per le persone come me, intendo essere obbligato per forza maggiore a lavorare tramite l'utilizzo di un ausilio o computer e sono certo che tutto ciò non rappresentava assolutamente la mia visione di una vita futura. Grazie all'arte sono riuscito a dare un senso alla mia vita e alla mia quotidianità perché non esiste il giorno in cui io non lavori su una tela oppure non pensi ai miei futuri lavori e tutto ciò serve a concretizzare il mio tempo trasformandolo in un tempo di qualità».

Sono passati 18 anni da quel terribile incidente, e lei continua a essere un artista affermato. Sente di dover esprimere riconoscenza a qualcuno oltreché alla sua straordinaria forza di volontà?

«In tutti questi anni ho dovuto sempre chiedere aiuto alla mia famiglia o alle persone più vicine a me per quanto riguarda l'allestimento di mostre, il trasporto delle opere ed materiali vari e l'organizzazione degli eventi associati alle mie esposizioni. Tutte le persone che mi hanno aiutato meritano la mia riconoscenza, tra queste poi ci sono anche gli organizzatori e critici che mi hanno seguito. Senza queste figure non sarei mai riuscito ad entrare nel mondo dell'arte e a farmi conoscere concretamente. Per quanto riguarda l'aspetto emotivo sento di ringraziare soprattutto i miei familiari i quali mi hanno sempre spronato nel continuare a dipingere, soprattutto all'inizio dove avevo molto più bisogno di essere affiancato perché essendo alle prime armi ho dovuto mettermi alla prova per trovare un equilibrio riguardo questa nuova realtà.

Un autoritratto di Vittorio Menditto (foto concessa)
Un autoritratto di Vittorio Menditto (foto concessa)
Un autoritratto di Vittorio Menditto (foto concessa)

Vincenzo Gualtieri: questo nome cosa significa per Lei?

«Questo nome per me rappresenta la mia rinascita! Senza Vincenzo il mio futuro sarebbe stato sicuramente molto infelice, avrei vissuto una vita omologata a quella degli altri disabili, i quali se non riescono ad entrare nel mondo del lavoro sono obbligati a vivere rinchiusi nelle proprie abitazioni oppure in qualche centro specializzato. Grazie all'incontro con Vincenzo la mia vita è cambiata drasticamente per una seconda volta perché grazie a lui sono riuscito a dare un significato alla mia esistenza. Vincenzo è riuscito a vedere ciò che nessun altro è stato capace e non ho voluto anticipare il suo nome nella domanda precedente perché volevo sottolineare la sua importanza come la persona più importante della mia vita dopo l'incidente. Dopo la sua morte è rimasto un grande vuoto dentro di me perché avrei voluto concretizzare la nostra grande amicizia con una nostra esposizione personale e tutto ciò per forza maggiore non ha avuto il modo di realizzarsi. Vincenzo è la scintilla che ha reso possibile la mia rinascita e non finirò mai di ringraziare la sua persona».

Che sensazioni ha avuto quando ha indossato il caschetto grazie al quale può ancora esprimere la sua arte?

«Il giorno in cui ho provato il caschetto è stato quasi un momento surreale perché avevo preso il tutto con superficialità. Mi spiego, non potevo credere di riuscire a realizzare qualcosa essendo totalmente paralizzato e anche se Vincenzo mi spronava nel provare a mettermi in gioco, la mia insicurezza rimaneva costante. Temevo di uno riuscire a raggiungere il risultato. A un certo punto invece quando Vincenzo iniziò a darmi delle indicazioni su come provare a muovere il mio collo per cercare di inclinare le setole del pennello, per renderle parallele alla superficie della tela, ho provato una sensazione simile "al tatto". Riuscire a stendere e mescolare i colori con l'utilizzo di un pennello tramite il caschetto, come si potrebbe invece fare con l'utilizzo delle mani, mi ha trasmesso un senso di libertà, un qualcosa che non vivevo più da ormai molto tempo».

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Qual è l’opera che esprime di più la sua sofferenza e il suo desiderio di rinascita?

«Diciamo che potrei parlare di due opere che rappresentano questi due concetti, la prima parla della mia sofferenza fisica e la seconda trasmette la mia caparbietà e quella voglia di cercare sempre qualcosa di innovativo per ottenere un personale risveglio. Il primo lavoro che rispecchia la mia sofferenza si intitola "Desidero Calore". La tetraplegia mi impone di non avere la termoregolazione, con la conseguenza di sbalzi della temperatura corporea in base alle condizioni atmosferiche esterne che di conseguenza fanno variare la temperatura ambientale. Il periodo di maggiore sofferenza è l'inverno e logicamente ho l'esigenza di ricevere calore e tutto ciò mi ha ispirato alla creazione di quest'opera, la quale tramite le sue forme che ricordano la lava e cromie con toni del rosso mattone, arancione, giallo, riesce a trasmettermi un senso di tepore, che solamente un'opera d'arte può trasmettere alla propria emotività. Per quanto riguarda il concetto di rinascita penso che l'opera “Autoritratto “sia la più coerente al tema. In questo lavoro mi si vede mentre utilizzo la tavoletta grafica, che mi serve per la realizzazione degli schizzi preparatori e penso che quest'opera riesca a trasmettere la mia caparbietà nel cercare delle soluzioni per riuscire a migliorarmi come artista. Trovare sempre una soluzione per amplificare le proprie capacità, come l'utilizzo di uno strumento tecnologico è sinonimo di miglioramento e tutto ciò ha portato alla creazione del nuovo Vittorio proprio come una personale rinascita».

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