Anna ha 76 anni e ha scoperto oggi che non ha più il suo medico di famiglia. Vive a Carbonia, in una palazzina popolare e da quando suo marito è morto vive sola perché i figli sono partiti nel Nord Italia per ragioni di lavoro e possono venire a trovarla solo durante le feste e in estate. Non ha grossi problemi Anna, a parte il fatto che, non avendo la patente, da quando il marito non c’è più utilizza i pullman del servizio pubblico per potersi spostare in città. Da due giorni ha scoperto che per avere il medico di famiglia dovrà imparare anche gli orari dei bus che vanno a Portoscuso: il suo medico è andato in pensione ma nessuno della Asl l’ha informata. Lo ha scoperto quando è andata al solito indirizzo per la ricetta delle pillole per la pressione e ha trovato la saracinesca abbassata. Si è recata negli uffici di piazza San Ponziano e ha trovato un cartello dove c’è scritto che in città non ci sono medici disponibili. Il più vicino è a Portoscuso.

Stessa scoperta l’ha fatta Marina. Lei è più giovane, ha 54 anni, ma in comune con Anna ha il fatto di non disporre della patente. Anche lei vive in una casa popolare, ha due figli e due nipoti a cui badare: si è sempre occupata lei di tutto e, con i bambini piccoli, sono tante le volte in cui serve un medico. Anche per lei stessa solfa: il suo è andato in pensione e all’Inam il solito cartello informa che ci si deve mettere l’animo in pace. Vuoi il medico? Vai a Portoscuso. Sia chiaro, Portoscuso non è un centro dove i medici spuntano come funghi. Alle due donne è semplicemente andata bene. Gli sarebbe potuto capitare Buggerru, se non fosse che anche da quelle parti sono messi davvero male su questo fronte: non solo il medico di famiglia è andato in pensione, ma il suo ruolo sino a quando qualcuno non capirà realmente l’importanza del medico di famiglia, lo ricopre la Guardia medica che, dovendo fare il doppio lavoro, spesso manca la notte o nel weekend. Certo, si potrebbe andare a Fluminimaggiore dove il medico di famiglia sarebbe dovuto andare in pensione ma ha rinunciato altrimenti i suoi pazienti sarebbero stati condannati alla stessa diaspora.

Controllo della pressione (archivio L'Unione Sarda)
Controllo della pressione (archivio L'Unione Sarda)
Controllo della pressione (archivio L'Unione Sarda)

Più o meno è quello che accade ai calasettani da più di un anno. Da queste parti si è anche vissuta la beffa di vedersi addebitare le spese legali di una causa che hanno intentato, invano, per essere stati lasciati senza medico di famiglia con tutti i danni e i disagi che questo ha comportato. In loro soccorso sono arrivati i medici di famiglia si Carloforte anche se, fino a quando il Comune (non la Asl) non ha dato loro un punto fisso dove ricevere i pazienti, hanno fatto ricette e visite ai tavolini dei bar del paese.

Resta da capire che cosa accadrà ora a Carbonia dove tre medici di famiglia sono andati in pensione nelle ultime settimane e 4.500 persone sono alle prese con lo stesso problema che stanno affrontando Anna e Marina. Già, a Carbonia dove il suggerimento che arriva dalla Asl per non intasare l’unico Pronto soccorso messo a disposizione per 23 Comuni dell’ex provincia di Carbonia Iglesias è quello di rivolgersi ai medici di famiglia e alle guardie mediche per i problemi più lievi. Ovviamente se per quei problemi lievi dovessero servire degli esami del sangue viene chiesta la massima sportività, anche nel senso letterale del termine: nei laboratori Asl non fanno più di 50 prelievi al giorno per mancanza di personale e in quelli privati il budget finisce a metà mese. Quindi bisogna correre, sgomitare, cercare di arrivare prima degli altri. A meno che non finisca che il paziente, magari la signora Anna che a 76 anni non ha più la forza per andare avanti e indietro inutilmente, non decida di rinunciare alle cure. Lo dicono le statistiche che il numero delle persone che arrivano a questa decisione è in costante aumento. Un giorno si rinuncia alla visita di controllo che la Asl ha fissato tra 10 mesi, un giorno si rinuncia alla prescrizione perché il medico fuori città è troppo complicato da raggiungere, un giorno ancora si decide che gli esami del sangue, quelli che fino a poco tempo fa erano fondamentali per curare una grave patologia saranno rimandati perché il budget della Asl è finito e occorre pagare di tasca.

L’epilogo di queste scelte è facile da prevedere: a volte sarà a lungo termine, a volte breve. L’auspicio è che non ci si rassegni a pensare che questa sia l’unica via possibile per ridurre il carico di pazienti a una sanità che si dimostra sempre più incapace a gestire una situazione che si fa ogni giorno più drammatica.

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