A Orani, il suo paese, veniva chiamata “Mariannedda ‘e sos Battor Moros”. Marianna Bussalai (1904-1947), poetessa e attivista del partito sardo d'azione, è stata una delle più importanti figure dell'antifascismo in Sardegna, una militante tanto presente e radicata nel suo tempo quanto dimenticata dalla Storia scritta sui libri.

Sardigna non est Italia

«Il mio sardismo - scriveva in una lettera inviata a Titino Melis - data da prima che il Partito Sardo d'Azione sorgesse, cioè da quando, sui banchi delle scuole elementari, mi chiedevo umiliata perché nella storia d'Italia non si parlasse mai della Sardegna. Giunsi a comprendere che la Sardegna non era Italia e doveva avere una storia a parte». Un impegno, il suo, che traspare dalla fitta corrispondenza con i colleghi di partito e gli amici come Emilio Lussu, Luigi Oggiano, Titino Melis, Pietro Mastino; e soprattutto con Mariangela Maccioni e Graziella Sechi (moglie di Dino Giacobbe), le due amiche che, con lei, formavano quella che venne definita la triade nuorese.

Il centro del mondo

I grandi occhi che scrutano il mondo dai ritratti in bianco e nero non lasciano trasparire la sofferenza patita per una malattia alle ossa che l'aveva afflitta per tutta la vita, fin da bambina. Il corpo minato era la sua sofferenza ma non la sua prigione. Era andata a scuola fino alla quarta elementare, poi – proprio per via della disabilità che le procurava fortissimi dolori alle articolazioni, debolezza e febbre – non ha potuto frequentare a Nuoro i corsi di studio superiori; aveva tuttavia una cultura immensa, coltivata da autodidatta sui testi di storia, di letteratura italiana e russa, di filosofia e politica. La sua casa - che era stata la residenza estiva dei vescovi di Ottana quando nel 1500 venne acquistata dalla famiglia Angioy (la stessa di Giomaria Angioy), i nobili da cui discende il ramo dei Bussalai - era il centro del mondo. Qui arrivavano i compagni di partito per le riunioni segrete; gli intellettuali che discutevano di libri e di arte; ma bussavano pure i compaesani, uomini e donne analfabeti, che lei aiutava spiegando loro un articolo del giornale, insegnandogli a firmare, a scrivere e a leggere. La cultura, diceva, è libertà, soprattutto per una donna. Proprio per questo organizzava le sue lezioni per le contadine, le tessitrici, le madri di famiglia che impararono anche a far di conto, oltre alle nozioni di storia, di economia domestica, di letteratura.

Le irruzioni della polizia

La sua casa era un rifugio sicuro degli oppositori al regime. Michele Columbu la definì «un microcosmo, una remota cellula di resistenza al fascismo, in cui si accendono dibattiti, si affacciano dubbi e dissensi, serpeggiano invidie come nelle grandi città». In questa antica dimora v'era una botola sotterranea, un passaggio remoto e inaccessibile agli estranei; tanto che lei, abituata alle continue irruzioni della polizia, nascosto il compagno di turno se ne stava tranquilla, seduta sulla poltroncina più comoda con il telaio del ricamo in mano, in paziente attesa della fine della perquisizione. Una volta aveva nascosto anche Emilio Lussu. Il ricercato non venne trovato, ma in quei giorni la piccola donna di Orani rischiò davvero la galera e il confino. Un rischio che correva ogni volta in cui spediva le sue lettere - e lo sapeva bene Lorenza, la governante di casa Bussalai, che veniva mandata a recapitarle - o riceveva i messaggi postali degli amici, tutta gente tenuta d'occhio dalla polizia fascista e dai gerarchi del paese.

L’amicizia con Lussu

Ci fu un epico bisticcio con Emilio Lussu allorché lui propose l'alleanza con il Partito italiano d'Azione mentre lei sosteneva la causa dell'indipendentismo. Fu una grande amicizia, la loro. Lei lo ammirava e lo rispettava, lui la stimava e ne apprezzava lo spirito critico e l'indipendenza di giudizio fin dagli inizi della collaborazione con Il Solco, il giornale del partito. «Tranne imprevisti di sequestro - le scriveva il 2 settembre del 1925 - la sua corrispondenza verrà pubblicata domani e Il Solco la ringrazia a nome mio dell'interessamento per la vita del nostro movimento. Con ossequi, suo affettuoso Emilio Lussu».

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