L’esperanto, lingua comune europea mai decollata
A idearla fu un medico polacco nel XIX secolo, ma nei fatti non è mai stata presa in considerazione. Eppure ha ancora un seguito e il presidente dll’Unione Esperantista Europea è un italianoPer molti non è più neppure un’ipotesi. Perché il sogno di una lingua nuova, facile e che potesse favorire il dialogo tra tutti i popoli dell’Unione europea è svanito davanti allo strapotere dell’inglese anche per quanto riguarda le esigenze e le utilità della burocrazia del Palazzo. E cioè: traduzione di interventi, trascrizione di documenti, corrispondenza. Eppure, c’è chi ancora ci crede. Anche in Italia, visto che durante il congresso europeo degli esperantisti, che si è tenuto in primavera, un bresciano è stato eletto a Strasburgo segretario dell’Unione Esperantista Europea.
Il segretario. Il capo degli esperantisti europei si chiama Luigi Fraccaroli, già presidente della Federazione Esperantista Italiana (FEI). Secondo gli esperantisti del Belpaese porta con sé una vasta esperienza nel settore della cooperazione internazionale e della promozione culturale. «In un momento in cui l'Unione Europea si trova di fronte a sfide sempre più complesse, garantire l'uguaglianza di diritti e dignità per tutti i cittadini diventa una priorità fondamentale», è scritto in una nota di Fraccaroli. «La questione linguistica riveste un ruolo cruciale in questo contesto, poiché l'accesso ai servizi e ai diritti dipende anche dalla capacità di comprensione e dall'uso efficace delle lingue. L'esperanto, con la sua struttura logica e regolare, rappresenta finalmente una soluzione tangibile a questa sfida, promuovendo la comprensione reciproca e la cooperazione tra le nazioni europee. La sua neutralità e facilità di apprendimento lo rendono uno strumento ideale per superare le barriere linguistiche e promuovere un futuro più inclusivo e solidale per tutti i cittadini europei».
Le origini. Per chi non lo sapesse, l’esperanto è una lingua del tutto inventata nel XIX secolo dal medico polacco Ludwik Zamenhof, che si proponeva di eliminare le barriere linguistiche, promuovendo la pace e la comprensione tra i popoli. Anche se si è discusso se renderla o meno la lingua comune europea, non è mai stata adottata come tale, nonostante il seguito che continua ad avere. Nel 1887 Zamenhof pubblicò il primo libro di grammatica sotto lo pseudonimo di Doktoro Esperanto, da cui il nome deriva, che significa “colui che spera”. L’idea sul fatto di prenderla in considerazione come lingua comune dell'Unione Europea, per poter abbassare i costi di traduzione dei documenti ufficiali, di fatto è stata discussa per qualche tempo ma mai presa in considerazione nei fatti. Il medico che l’ha messa a punto a tavolino sognava una lingua universale grazie alla quale i diversi popoli potessero dialogare tra loro senza steccati. Di sicuro, la immaginò facile, visto che fece in modo che potesse essere appresa rapidamente e affiancata alla lingua madre di ciascun Paese: non per caso la creò utilizzando radici linguistiche prevalentemente indoeuropee e una grammatica estremamente semplificata e logica.
Le prospettive. La Federazione Esperantista Italiana ha accolto con entusiasmo questa nuova fase sotto la guida di Fraccaroli. Con la sua nomina, si apre un nuovo capitolo nell'Unione Esperantista Europea, con prospettive e idee innovative per il futuro del movimento. Un primo progetto, lanciato anch’esso da un italiano, Gianantonio Pfleger di Riva del Garda, prevede un tour di amicizia tra i Paesi europei nel 2025.