La prima emozione che suscitano è un’immensa tenerezza. Quei volti non sembrano di ceramica ma vivi, quegli occhi non sembrano fissi ma sembrano guardarti e seguirti con lo sguardo, quelle mani sembrano volerti parlare e protendersi verso di te. Le Madri in mostra al Museo diocesano di Oristano fino al 23 gennaio trasmettono una grande dolcezza e un senso di grande vitalità. La geniale idea di Silvia Oppo, direttrice del museo, e Antonello Carboni, regista con una spiccata propensione all’arte, ha portato al grande pubblico un tesoro di ceramica che altrimenti sarebbe rimasto nascosto ai più.

La ceramica italiana ha vissuto un indimenticabile momento di splendore artistico e commerciale soprattutto negli anni Venti e Trenta. “Le aspirazioni e i gusti di una crescente borghesia  vengono intercettate da alcune industrie italiane di produzione ceramica seriale che, attraverso un’esuberanza decorativa lussuosa  ed elitaria in aperto contrasto con le provocatorie deformazioni delle avanguardie, determinarono quel  gusto dèco capace ancora di ridefinire l’arte come uno strumento necessario per riconfigurare la propria percezione del sé” spiega Silvia Oppo. Questo piccolo mondo artistico si può ammirare nelle sessanta opere esposte al Museo diocesano, sono pezzi dedicati alla figura femminile, declinata nell’idea di un decoro in arte paesana in auge in quegli anni, che ha esportato nel mondo i connotati estetici del nostro regionalismo anche per mano di eccellenti autori sardi che nelle fabbriche torinesi hanno prestato il loro design. Le opere trasmettono emozioni per le loro espressioni incredibili, talvolta quegli sguardi rivolti lontano, talvolta diretti ai visitatori.

La mostra al Museo diocesano. Foto Mocci
La mostra al Museo diocesano. Foto Mocci
La mostra al Museo diocesano. Foto Mocci

In mostra anche tante creazioni Lenci. Il marchio Ars Lenci viene depositato a Torino nel 1919. L’azienda produce inizialmente bambole grazie all’innovativo feltro pressato a vapore in stampi metallici che prende il nome di panno lenci. A fondare la fabbrica sono i coniugi Helen Konig ed Enrica Scavini. “Prima di commercializzare le belle statuine, la Lenci è nota a livello internazionale attraverso i suoi giocattoli, pupazzi, scialli, cappelli, mobili in legno dorato, bambole e arredamento per la casa” aggiunge Antonello Carboni. “Ma solo nel 1928 che presenterà al pubblico torinese i primi prodotti ceramici. Da qui l’ideazione di una più corposa e strutturata esposizione nel 1929. Tutto viene sapientemente orchestrato da Ugo Ojetti, teorico e fautore della rinascita delle arti decorative in Italia. Arte per tutti, arte capace di riconcepire l’ambiente domestico con eleganza e rinnovato gusto in stilemi liberty e art nouveau. Improvvisamente irrompe la casa Lenci di Torino, attorno alla quale si crea un’importante attenzione di critica e di pubblico”. Sul finire degli anni Venti inizia la commercializzazione delle belle e inutili statuine la crisi del 29 investe anche l’azienda torinese. Diverse figure di spicco abbandonano la casa madre e fondano nuove realtà produttive, non sempre riuscendo a eguagliare la raffinatezza e il gusto dèco magistralmente interpretato nelle fila della Lenci.

In Sardegna l’unico in sintonia con la temperie culturale del tempo è certamente Federico Melis, con il fratello Melkiorre, più attento all’arte pittorica che alla ceramica. Federico, prediletto allievo di Francesco Ciusa, per primo in Sardegna sperimenta la ceramica decorata e rivestita da cristallina, conferendo al pezzo pregio e nobiltà, rifuggendo da quel valore squisitamente artigianale che identifica invece la decorazione a freddo.

“Se è vero che Lenci ha rivolto il suo sguardo alle produzioni tedesche, danesi e austriache, di fatto riassumendone le suggestioni mitteleuropee” dice la direttrice del museo Silvia Oppo, “è anche vero che dal punto di vista tecnologico le nostre italiane si distinguevano per raffinata qualità tecnica, grazie alla quale veniva restituita una inedita tavolozza di colori ed espressione plastica, tale da determinare un indubbio riscontro favorevole su gusto internazionale. La modernità creativa e dirompente degli artisti offriva al pubblico sempre più vasto la possibilità di scegliere fra le diverse categorie di soggetti che gli stessi rappresentavano, definendo la propria marca distintiva e allo stesso tempo allargando la proposta commerciale dell’azienda”.

© Riproduzione riservata