Ha scelto di restare a Tempio, nel penitenziario di Nuchis, e ha rinunciato al trasferimento in un  carcere spagnolo che l’avrebbe avvicinato alla famiglia che si è trasferita là. Non voleva rinunciare all’Università. Uno dei tanti studenti detenuti che nel carcere gallurese hanno preso in mano quei libri che spesso non avevano mai fatto parte della loro vita fino ad arrivare alla laurea. Uno dei tanti che consegnano al Polo universitario penitenziario dell’Ateneo di Sassari il primato italiano: sono sessanta gli iscritti e la percentuale di persone detenute che studiano all’Università è aumentata nel 2020 malgrado i disagi legati alla pandemia: rispetto a una media nazionale dell’1,4% e a quella regionale del 3,1%, in media studia all’Università il 5,7% dei detenuti e l’eccellenza è proprio Tempio con il 15 per cento seguita da Alghero con l’11 per cento.  Percorsi che vengono portati a termine: in questa sessione si celebrano quattro lauree - una in Scienze dell’educazione nel carcere di Alghero, tre in Lettere negli istituti di Tempio e Cuneo (uno studente in esecuzione penale esterna) e altre due saranno effettuate tra luglio e settembre: una in Economia e Management nell’istituto penitenziario di Alghero e una in Scienze dei Servizi Giuridici a Tempio-Nuchis. «Da questo anno accademico il progetto per studenti detenuti coinvolge 7 dipartimenti su 10», rimarca soddisfatto il rettore dell’Università di Sassari Gavino Mariotti: «Questi risultati ci spingono a fare sempre di più e sempre meglio, in sinergia con il Ministero della Giustizia, e a proporci come polo d’attrazione a livello nazionale non solo per gli studenti detenuti ma anche per tutte le tipologie di studenti con esigenze speciali».

Laurea\u00A0nel carcere di Tempio (foto archivio L'Unione\u00A0Sarda)
Laurea\u00A0nel carcere di Tempio (foto archivio L'Unione\u00A0Sarda)
Laurea nel carcere di Tempio (foto archivio L'Unione Sarda)

ERGASTOLANI DOTTORI

«I detenuti a Tempio sono persone con condanne definitive, la gran parte con reati legati alla criminalità organizzata e lunghe condanne da scontare, compresi alcuni ergastoli ostativi», spiega l’avvocata Edi Baldino, garante dei diritti dei detenuti nel carcerre gallurese: «Una situazione nella quale, più facilmente, si prende un impegno come quello dello studio rispetto a una casa circondariale come può essere Bancali, dove ci sono maggiori spostamenti». Gli studenti del carcere di Tempio sono siciliani, calabresi, campani e spesso occupavano posizioni di rilievo in organizzazioni di stampo mafioso. «Hanno ricominciato da capo, nessuno di loro aveva il diploma  e molti sapevano a malapena leggere e scrivere».  Cosa li spinge? «Certamente c’è anche la possibilità di non stare sempre chiusi in una cella, di poter andare in aula per frequentare la scuola o l’università. Ma non è solo questo, perché in tal caso basterebbe frequentare i laboratori o le altre attività. Io penso che ci sia proprio un cambio totale di prospettiva e che da questa esperienza, anche se per un ergastolano non ha sviluppi pratici, escano fuori personalità molto arricchite». E qualcuno finisce per fare le conferenze come un ergastolano che in carcere ha conquistato una laurea in Giurisprudenza e una specializzazione in diritto penitenziario.

IL PROGETTO PILOTA

Il Polo penitenziario dell’Università di Sassari sta portando avanti un progetto pilota nazionale per l’informatizzazione delle aule didattiche penitenziarie e tessendo una fitta rete di collaborazioni istituzionali, è stato siglato un protocollo d’intesa con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, con l’Ufficio Interdistrettuale per l’Esecuzione Penale Esterna e con il Centro per la Giustizia Minorile, entrambi di Cagliari. Le dotazioni informatiche dedicate allo studio, soprattutto nell’era del Covid, sono un punto essenziale perché in carcere, soprattutto se ospita detenuti in regime speciale,  non sono consentiti apparati con i normali collegamenti utilizzati dagli studenti.

Il Polo ha ottenuto finanziamenti dedicati, per due anni consecutivi dalla Fondazione di Sardegna, pari a 32.000 euro. Spiega commenta il delegato rettorale Emmanuele Farris, da sei anni coordinatore del progetto: «Questi finanziamenti serviranno a selezionare risorse umane qualificate per supportare la capillarità dell’offerta didattica penitenziaria sia all’interno delle carceri sia all’esterno, per persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria. Gli strumenti informatici sono importanti, ma servirebbero a poco senza le risorse umane, figure capaci di stimolare e orientare persone provenienti da vissuti difficili a intraprendere o riprendere un percorso universitario».

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