Einstein Telescope ondeggia tra sogno e realtà. E in attesa di capire se uno dei più grandi progetti di ricerca scientifica internazionale, che vale sei miliardi di euro, possa trovare casa nella miniera dismessa di Sos Enattos (Lula, profonda Barbagia) gli esperti non lesinano interesse e sforzi. Non solo quelli più maturi ma anche gli astrofisici di nuova generazione.

Tra i sardi che hanno una certa confidenza col ramo c’è Riccardo Serra, 26 anni, ogliastrino di Talana. Maturità scientifica a Tortolì, laurea triennale in fisica a Pisa e laurea magistrale in astrofisica e cosmologia a Trieste, è autore di una tesi di master dal titolo “Miglioramento della stima fotometrica dello spostamento verso il rosso della galassia con spostamento di covariazione con StratLearn”. Su questo lavoro quest’anno ha tenuto conferenze nel gruppo di Data Science Teorica e Scientifica della SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati). Ma in cattedra Riccardo Serra è salito da tempo. Dal 2017 al 2021 ha svolto lezioni di fisica stellare e cosmologia agli astrofili di Pisa e ha condotto attività di sensibilizzazione presso l'Osservatorio di Monte Armidda, tra Lanusei e Gairo. Prestigiosi i suoi riferimenti accademici: Roberto Trotta, professore di fisica teorica e responsabile di Data Science, SISSA, e Alexandro Saro, associato di astronomia e astrofisica all’Università di Trieste.

Quanto a Sos Enattos, Serra definisce ideale il sito in Barbagia per lo studio delle onde gravitazionali. “Scientificamente – osserva – sul punto non ci sono dubbi. A Lula non vi è alcun tipo di rumore antropico, che è rilevato invece nell’altro sito, quello olandese, candidato a ospitare l’impianto, ma disseminato di autostrade e ferrovie. A livello scientifico meglio un sito silenzioso come quello di Sos Enattos. Chiarito questo, la questione da affrontare è puramente politica, logistica. Costruire un osservatorio di quel genere impone uno sforzo enorme, per lo spostamento di personale, mezzi e per la realizzazione di infrastrutture. Fondamentali. Bisogna lavorare sulle infrastrutture. E sull’informazione. A me è capitato di discutere su Lula e ho capito che la gente ha necessità di essere informata meglio sul progetto”.

Riccardo Serra, astrofisico di Talana, nel giorno della laurea (foto concessa)
Riccardo Serra, astrofisico di Talana, nel giorno della laurea (foto concessa)
Riccardo Serra, astrofisico di Talana, nel giorno della laurea (foto concessa)

Riccardo Serra parla da studioso appassionato. “Fin da quando ero piccolino volevo fare lo scienziato. Alle superiori mi sentivo particolarmente portato per la matematica e la fisica. Una volta all’Università mi sono reso conto della differenza che nello studio della materia intercorre tra liceo e università, dove bisogna giustificare i principi della fisica. Ho incontrato difficoltà che però non mi hanno spaventato. Ho avuto perseveranza”. Restando all’Einstein Telescope, Riccardo Serra spiegherebbe così ai profani le onde gravitazionali: “Sono delle increspature nello spaziotempo, create da eventi cosmici intensi come la fusione di buchi neri o stelle di neutroni. Si immagini lo spaziotempo come un lenzuolo elastico: quando oggetti massicci si muovono, creano onde che si propagano, influenzando altri oggetti lungo il percorso. Per misurare le onde gravitazionali, gli osservatori attuali utilizzano laser estremamente precisi disposti in una configurazione a "L", con due bracci che formano un angolo di 90 gradi. Quando un'onda gravitazionale attraversa la Terra, altera la lunghezza di questi bracci di una frazione infinitesima. I ricercatori rilevano queste variazioni minime nella lunghezza grazie a strumenti sofisticati e metodi complessi di analisi dati, consentendo loro di registrare e studiare le onde gravitazionali emesse da eventi cosmici lontani”.

Come astrofisico, Riccardo Serra può ambire a un’occupazione in diversi campi industriali. Ma ha messo in conto di doversi trasferire all’estero.  Dove le retribuzioni sono migliori rispetto all’Italia. Concorda con altri “cervelli in fuga” sul fatto che l’Università italiana forma benissimo i suoi allievi che però in Italia non hanno altrettanta soddisfazione nella ricerca di un lavoro. Lo stipendio medio di un astrofisico nel nostro Paese è di millecinquecento euro al mese.  Sostanzialmente una miseria.

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