In questa casa abitò…...In questa casa ebbe nobili natali….Di qui passò…..Quante volte sono state lette a voce alta, con l’eco che rimbalza tra le vecchie mura. Passeggiare per le città, a volte, è come sfogliare un libro di storia. Chi ha l’abitudine di girare per Castello, il quartiere storico più importante di Cagliari, ogni volta che ripercorre quell’itinerario, scopre qualcosa di nuovo, anzi di vecchio, perché è il passato più antico di Cagliari. Se non ci fossero quelle epigrafi la storia della città sarebbe andata dispersa e già lo sarebbe se non si fosse provveduto all’opera di restauro fatta nel tempo per salvare più testimonianze possibili. Lavori che hanno riportato alla luce epigrafi rese illeggibili dal tempo, come quelle recuperate con il contributo dei Lions Cagliari Host sotto la giunta De Magistris. La suggestione delle epigrafi, che è proprio il titolo di un vecchio libro molto letto e caro ai cagliaritani, curato da Giancarlo Sorgia con una decina di altre firme storiche di esperti, è così forte che spinge a tuffarsi in un passato così grandioso che oggi rende bellissima la città. Ecco, il libro è un prezioso inventario delle lapidi di Cagliari descritte con dettagli, notazioni critiche e la traduzione delle loro iscrizioni, una guida utilissima per chi vuole ripercorrere un itinerario antico sulle orme dei visitatori ottocenteschi. 

La storia sui muri

Tutte le dominazioni, nei secoli dei secoli, hanno lasciato il segno sui muri cagliaritani, da quella pisana, catalano-aragonese, spagnola, sabauda. Ci sono poi incisioni fatte nelle pietre che risalgono all’epoca romana, ma si tratta di epigrafi custodite nei musei della Sardegna. Ogni monumento di Castello racconta una vicenda della storia cagliaritana attraverso le scritte murarie. Un itinerario che si snoda dalla torre pisana di San Pancrazio, che domina la Cittadella dei musei (“Dom Victoris Amedevs Sardinie …...” l’iscrizione su una lapide di marmo grigia ricorda le opere di fortificazione del Castello volute da Vittorio Amedeo II nel 1728) a Porta Cristina che prese il nome da Maria Cristina di Borbone, per la quale il re Carlo Felice fece costruire l’opera nel 1825. Itinerario descritto nel libro di Sorgia, dal quale ricaviamo la traduzione di ogni epigrafe. La passeggiata continua ed entrando nel quartiere da piazza Palazzo si arriva in via Martini, dove fu apposta un’altra lapide nel ricordo di Pietro Martini e dei fratelli Antonio e Michele, “In questa casa convissero e decedettero …….cittadini benemeriti….”.

Piazza Palazzo (Archivio US)
Piazza Palazzo (Archivio US)
Piazza Palazzo (Archivio US)

 Più in là in via Canelles 79 si ricorda un altro personaggio illustre, Nicolò Canelles, che “nel 1556 impiantò a sue spese la prima tipografia sarda”, recita la targa posata dai nobili Francesco e Gaetano Nieddu nel 1872. Ecco, pezzo dopo pezzo, nome dopo nome, si ricostruisce così la storia di Cagliari, da un’epigrafe all’altra, senza sosta nel cammino. Pochi civici più su, stessa via, l’abitazione dell’illustre archeologo Giovanni Spano “….morto il 3 aprile 1878...Nel 17° maggio 1855 ospitò l’immortale Alberto Della Marmora”.  In piazza Palazzo all’esterno del palazzo viceregio la scritta dedicata “A Carlo Felice di Savoia, viceré di Sardegna per il diligente zelo e impegno nella promozione della cosa pubblica….gli amministratori delle torri del regno lieti dedicarono l’anno del signore 15 novembre 1803, anno secondo di regno del suo augusto fratello Vittorio Emanuele I”. E poi le altre nel ricordo di personaggi illustri come il conte di Serramanna Antonio Brondo (piazzetta La Marmora), Donna Anna Brundo (piazzetta Santa Croce) e marchese di Villacidro. 

Patrimonio da difendere

Il valore delle epigrafi è inestimabile, valgono ben più di un libro di scuola. Sapere che secoli fa quel luogo è stato vissuto e frequentato da un personaggio che ha fatto la storia di una città e del Paese è come leggere un libro stando sul posto. Un patrimonio che va salvaguardato, perché ha da raccontare qualcosa ai suoi abitanti. Eppure troppe volte sono mancati sensibilità e rispetto, come se il passato non riguardasse il presente e, ancor di più, il futuro. Conoscere la storia della propria città vuol dire viverla, esserne partecipi, farci sentire se occorre. Il senso di appartenenza a una comunità si conquista vivendoci attivamente. Non con distacco. 

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