Nannerl amava la musica. Era una bambina prodigio e l’adorava con tutta se stessa. Nannerl non era il suo nome di battesimo. In casa e gli amici di famiglia la chiamavano con quel termine probabilmente di origine ebraica, ma in realtà lei era Maria Anna. O meglio, Maria Anna Walburga Ignatia Mozart. Già, la sorella maggiore di quel Wolfgang Amadeus, folle genio eterno del pentagramma, che in diversi scritti ebbe modo di complimentarsi con lei per le sue «straordinarie» composizioni. Rita Charbonnier, musicista, attrice e brillante scrittrice, nel romanzo “La sorella di Mozart”, edizione Marcos y Marcos, ripercorre la vita di Nannerl con uno slancio di sentimenti ed emozioni davvero coinvolgenti.

Pubblicata nell’ottobre scorso, la storia di Maria Anna Mozart, che si ispira a fatti accaduti con i personaggi principali realmente esistiti, è affascinante quanto emblematica. Nannerl, in qualche modo, incarna l’ingiustizia umana e sociale di una discriminazione, il più delle volte impunemente subita, che nei secoli è stata spesso alimentata da consuetudini inaccettabili e, a maggior ragione oggi, non giustificabili. La giovane fu obbligata dal padre Leopold, compositore e musicista tedesco, e dalla tara della società ad abbandonare la musica e i teatri dove si esibiva assieme al fratellino Amadeus, per abbracciare una vita, a detta del padre, più consona a una donna. Eppure «quando faceva musica, la piccola Nannerl non aveva nulla di umano. Le sue manine srotolavano suoni limpidi e velocissimi, obbedivano a un istinto armonico ineguagliabile e il risultato era insieme sicuro e disordinato», si legge nella prima parte del romanzo. Era una pianista molto dotata «e possiamo ritenere che si sia cimentata anche nella composizione (...). Qualunque cosa Nannerl abbia composto, tuttavia - spiega Charbonnier nella Nota conclusiva dell’autore - è andata persa. Nel complesso la sua carriera fu oscurata dal fratello».

Il romanzo La sorella di Mozart, di Rita Charbonnier ed. Marcos y Marcos. (r. r.)
Il romanzo La sorella di Mozart, di Rita Charbonnier ed. Marcos y Marcos. (r. r.)
Il romanzo La sorella di Mozart, di Rita Charbonnier ed. Marcos y Marcos. (r. r.)

LA VITA 

Nannerl significa “benedizione di Dio”. E che ci sia stata la mano di Nostro Signore su quella bambina straordinaria lo dicono le cronache familiari della coppia di genitori, Leopol e la moglie Anna Maria Pertl. Nannerl nasce nel 1751 a Salisburgo. I tre fratelli arrivati in casa Mozart prima di lei erano deceduti giovanissimi. E stesso destino toccherà agli altri due venuti alla luce dopo. Per questo, forse, Maria Anna nutrì un grande affetto per l’ultimogenito Wolfgang nato nel 1756, con cui condivise già da piccola l’incredibile passione per la musica. La biografia di Leopold racconta di un padre severo ma premuroso e legatissimo a entrambi i figli, purtroppo ottusamente concentrato sul talento di Wolfgang trascurando le qualità musicali prodigiose di Nannerl. Massone e Maestro nella loggia di Vienna, per anni guida e forma i due bambini in quella straordinaria inclinazione artistica. Li accompagna nei teatri e li fa esibire assieme nella corti di mezza Europa. Nannerl amava il pianoforte e il clavicembalo («le sue note erano parole di un linguaggio ancora ignoto, che affascinava e disorientava»), e il fratellino Amadeus fu quasi trascinato in questo vortice di emozioni.

IL LIBRO

Il romanzo, che si muove delicatamente su un flusso narrativo molto bene intessuto, inizia (Ouverture) con una appassionata corrispondenza epistolare tra Nannerl, ormai 26enne, e il consigliere militare di corte Franz Armand d’Ippold, (personaggio realmente esistito). «Caro Armand.... Se un tempo, in una fantasia troppo accesa di bambina, coltivavo più alte ambizioni musicali, oggi di quel che ho sono lieta e all’arte non chiedo nulla, davvero nulla, in più», confida la giovane nella sua lettera del 28 febbraio 1777. Un’accettazione quasi stoica di ciò che il destino aveva prescritto per il suo essere donna. Che poco dopo però lascia spazio a una verità diversa: la lettera del 24 marzo è intrisa di tutto il peso e la sofferenza che quella scelta imposta, ancora, le procurava. Rispondendo al Maggiore che le chiedeva come mai avesse bruscamente interrotto l’attività musicale «per dedicarsi solo all’insegnamento; disperdendo in tal modo il vostro rarissimo talento», Nannerl si sfoga: «I vostri discorsi, signor Maggiore sono sale sulla ferita. Una ferita che sanguina ogni giorno, perché in ogni istante, anche in questo preciso istante, esattamente come quand’ero bambina, la musica preme dentro di me per uscire; è come l’onda d’assalto di un’ubriacatura che dalle mie viscere si spinge fino alla gola e al cervello e lo fa turbinare; è una tempesta interna che non può trovare sfogo, dunque l’unica mia possibilità è ignorarla e dedicarmi ad altro. Vi è chiaro adesso Armand?». L’insegnamento è «l’unico angusto sentiero nel quale io riesca a convogliare e costringere questo marasma e farlo tacere, almeno per un poco. E voi, come anche mio fratello, mi venite a dire che sto sprecando il mio talento? Con quale diritto?. Perdonatemi; non sono riuscita a moderare i toni. Non so neanche se vi farò avere questa lettera....». Una corrispondenza di forte impatto sentimentale da leggere come intima riflessione autobiografica che illumina la ricostruzione narrativa di un’esistenza fatta di rinunce e mortificazioni di un talento davvero divino.  

Un romanzo profondo che accompagna l’esistenza di Maria Anna Mozart sino alla vecchiaia. Nelle ultime pagine la baronessa, nel cimitero di Salisburgo, si racconta ancora una volta, davanti alla tomba del marito e parla col padre Leopold (deceduto nel 1787) del suo amato Wolfgang che, come molti affetti della sua via, non c’è più. Col fratello i rapporti erano cambiati in particolare dopo la scomparsa del genitore. Ma nonostante tutto sarà Nannerl a prendersi cura del lavoro di Wolfgang dopo la sua morte (1791). Fu impegnata attivamente nella promozione e diffusione dell’opera del grande compositore collaborando con i biografi e soprattutto nel delicato studio di autenticazione della sue composizioni. Una storia circolare di una vita altra che sarebbe potuta e dovuta essere diversa. Un flusso di ricordi, dalle prime pagine alle ultime, imbastiti sapientemente da quel motto giovanile ma eterno del “Regno di Dietro”, il gioco-finzione che divertiva nelle sere in famiglia la piccola Nannerl e il fratellino Wolfgang Amadeus: “Qui abita la felicità... e niente di male accadrà...”. Maria Anna Mozart, ormai malata e praticamente cieca, muore il 29 ottobre 1829 a Salisburgo. Aveva 78 anni.

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